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Plastic Tax: sì o no? La difficile interpretazione di una storia di rinvii
di Giuditta Brambilla
Il 30 ottobre 2023, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha presentato al Parlamento il Disegno di Legge di Bilancio 2024, poi assegnato alla 5° Commissione Permanente Bilancio del Senato, che il giorno seguente ha iniziato l’esame in sede referente.
Tra le misure del DDL Bilancio 2024, l’articolo 11, comma 1, lettera a) prevede lo slittamento dell’applicazione della cosiddetta Plastic Tax dal 1° gennaio 2024 al 1° luglio 2024. Una mezza novità, diciamo, visto che quella del rinvio dell’imposta sulla plastica sembra ormai essere una prassi consolidata.
Ma procediamo con ordine.
La Plastic Tax è una tassa del valore fisso di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso venduto, applicata a prodotti per il contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci e a prodotti legati al mondo alimentare come fogli, pellicole, strisce, sacchetti eccetera.
L’imposta fu formalmente introdotta dal Governo Conte con la Legge di Bilancio 2020 per dare attuazione alla Direttiva n. 2019/904/UE, cui obiettivi sono quelli di “prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare l’ambiente acquatico, e sulla salute umana, nonché promuovere la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili, contribuendo in tal modo al corretto funzionamento del mercato interno”.
La data di inizio applicazione della tassa sulla plastica venne inizialmente fissata al 1° luglio 2020. Tre anni più tardi, però, questa imposta rimane valida solo sulla carta, poiché la sua effettiva entrata in vigore è stata continuamente posticipata dai diversi Governi in carica.
Fu lo stesso Governo Conte con il Decreto rilancio del maggio 2020 a rinviare in prima battuta l’applicazione dell’imposta al 1° gennaio 2021 e, successivamente, al 1° luglio 2021 con la Legge di Bilancio 2021. Nella stessa direzione si mosse anche il Governo Draghi, che posticipò la misura dapprima al 1° gennaio 2022 con il Decreto Sostegni bis del maggio 2021 e poi al 1° gennaio 2023 con la Legge di Bilancio 2022.
E similmente sta agendo anche il Governo Meloni, che già nella Legge di Bilancio 2023 varata lo scorso dicembre decise di rimandare l’applicazione dell’imposta di un altro anno, ovvero al 1° gennaio 2024 e che, come detto, si appresta ora a rinviare la Plastic Tax al 1° luglio 2024 con la nuova Legge di Bilancio 2024.
Alla luce del continuo rinvio della misura, un dubbio sorge spontaneo: qual è la vera intenzione del Governo?
Se i primi rinvii furono giustificati dai Governi in carica come temporaneamente necessari per ridurre la pressione sulle aziende che già si trovavano a dover affrontare la situazione di crisi dovuta alla pandemia e le difficoltà da questa lasciate, dall’entrata in carica del Governo Meloni il dubbio che l’obiettivo finale sia quello di giungere a una completa e definitiva eliminazione della misura si è fatto a poco a poco più insistente. Già lo scorso anno, durante il periodo dei lavori alla Legge di Bilancio 2023, alcuni quotidiani ventilarono l’ipotesi secondi cui i tecnici del MEF erano impegnati all’elaborazione di un percorso in due mosse che, tramite un rinvio da un lato e un ricalcolo del gettito potenziale nel DEF della primavera 2023 dall’altro, avrebbero preparato il terreno alla definitiva abolizione della misura.
L’ipotesi che il Governo Meloni stia valutando di eliminare definitivamente la misura appare quantomeno giustificata, soprattutto se si considera che i partiti di centro-destra si sono sempre schierati contro l’imposta sulla plastica, fin dai tempi della sua introduzione durante i lavori alla Legge di Bilancio 2020.
Ospite al programma TV di LA7 “L’aria che tira” nel novembre 2019, l’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni disse, a proposito della Plastic Tax: “Sono molto legata al tema della Plastic Tax. Siamo l’unico partito che dal 2013 ha la lotta alla plastica monouso nel programma di partito. Ma con la Plastic Tax si ottiene che le imprese chiudono o che scaricano la tassa sui prezzi e quindi poi sui consumatori. Lo Stato fa cassa facendo finta che lo faccia per una ragione etica, ma bisogna invece incentivare la riconversione rispetto alla produzione della plastica”.
Anche il leader della Lega e attuale Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini si è più volte espresso in proposito, dichiarando che questa tassa “invece di aiutare l’ambiente avrebbe portato le aziende a chiudere e ridurre la circolarità del loro processo economico” e che la Lega avrebbe lavorato per “cancellare queste tasse (la Plastic Tax e la Sugar Tax n.d.r) una volta per tutte”. L’ultima dichiarazione del Ministro in merito risalirebbe al settembre di quest’anno quando, intervenendo a un convegno organizzato da Acea a Roma, avrebbe definito la Plastic Tax un “tema demenziale contro l’industria italiana”.
E sempre in questi ultimi mesi, alcuni mezzi stampa hanno riportato la volontà del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di Pichetto di eliminare definitivamente la Plastic Tax, sottolineando però che non ci sarebbe l’accordo del Ministro Giorgetti. Questo perché, è bene ricordarlo, insieme alla Sugar Tax, che ha seguito praticamente lo stesso iter, la Plastic Tax garantirebbe allo Stato un gettito intorno a 650 milioni all’anno.
La rinuncia al gettito fiscale non è però il solo nodo da sciogliere.
Come detto, la misura è stata introdotta in recepimento di una Direttiva europea, quindi la sua eliminazione andrebbe comunque sostituita con altre misure riducano l’incidenza della plastica monouso sull’ambiente. Diversi Paesi europei, tra cui Spagna, Grecia, Svezia e Germania hanno già introdotto misure di tassazione della plastica monouso, mentre altri stanno lavorando a provvedimenti simili. Che sia tramite una tassa o un’altra misura, anche il nostro Paese dovrà trovare il modo di garantire l’attuazione alla Direttiva n. 2019/904/UE.
Se, dunque, il dubbio è lecito, queste ultime considerazioni, la mancanza di chiare e recenti dichiarazioni degli esponenti di Governo a proposito e la decisione di rinviare la misura di soli sei mesi – anziché di un anno come ormai di consueto – rendono complicato trovare una risposta. Non resta dunque che aspettare.