In Primo Piano, Stati Uniti
Ma quindi, come si elegge il Presidente americano?
di Matteo Apicella
Il sistema elettorale americano è innanzitutto detto “di secondo grado”, poiché il Presidente non è eletto direttamente dai cittadini, ma dai grandi elettori su base statale. Il meccanismo è il seguente.
Ognuno dei 50 Stati americani assegna un numero di grandi elettori, collegati a ciascun candidato, pari alla somma dei senatori e dei deputati che spettano a quello Stato; questo fa sì che tale numero dipenda in ultima istanza dalla popolazione di ogni Stato. Il dato fondamentale è che il candidato che prenda più voti (anche uno solo in più!) all’interno del singolo Stato, ottiene tutti i grandi elettori di quel determinato Stato. Questo perché nella gran maggior parte dei casi (48 Stati su 50) i grandi elettori sono assegnati, all’interno del singolo Stato, con metodo maggioritario. Tale circostanza spiega anche perché il numero totale di voti presi dal singolo candidato è ininfluente e vi sono stati casi (ad esempio Trump contro Clinton nel 2016) in cui il candidato più votato a livello popolare non sia stato poi eletto Presidente: conta il voto nei singoli stati e l’intero voto federale può essere considerato come una somma dei singoli voti statali.
Il numero totale dei grandi elettori (ossia la somma dei 50 Stati) è 538, ciò implica che per essere eletti Presidente è necessario ottenere 270 grandi elettori (la metà più uno). Una volta che questa soglia sia stata raggiunta da uno dei candidati, i grandi elettori si riuniscono in un organo chiamato collegio elettorale e qui formalizzano la loro scelta, votando per il candidato a cui sono legati. Un dato importante è che costoro, che di solito sono funzionari o attivisti locali dei due partiti, non sono legalmente obbligati a votare per il candidato che rappresentano. I casi di dissenso sono tuttavia stati rarissimi, poiché di fatto si configura una responsabilità politica, rappresentando la maggioranza dei cittadini di un determinato Stato.
Teoricamente è possibile che entrambi i candidati ottengano lo stesso numero di grandi elettori: in questo caso (in realtà molto improbabile) spetterebbe al Congresso, una volta insediato, la nomina del Presidente e del suo vice: in particolare il primo alla Camera dei Rappresentanti, con voto unico per ciascuna delegazione statale, e il secondo al Senato.
Il meccanismo elettorale influenza ovviamente anche l’andamento della campagna elettorale. I candidati sanno cioè in quali Stati, per tradizione politica, sono già sicuri di vincere e quindi investono la maggior parte delle loro risorse, economiche e di tempo, lì dove possono essere realmente determinanti: i cosiddetti swing states, ossia quegli Stati che per mutamenti economici, sociali, politici e culturali in atto sono considerati in bilico, perché effettivamente contendibili da entrambi. Sono questi (pochi) Stati, ad esempio la Pennsylvania, a decidere di fatto l’esito dell’elezione.