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Dai territori, Dalle Istituzioni, Governo, In Primo Piano, Post in evidenza, Regioni

L’impatto ambientale dell’impianto siderurgico di Taranto: le prospettive della decarbonizzazione

Posted: 25 Febbraio 2025 alle 12:55   /   by   /   comments (0)

di Ludovica Montervino

A gennaio 2025, il Governo ha adottato due provvedimenti che interessano l’operatività dell’impianto siderurgico ubicato a Taranto, noto come “ex Ilva”.

Difatti, il Consiglio dei ministri del 23 gennaio scorso ha approvato il decreto legge 3/2025 – attualmente all’esame del Senato come DDL di Conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2025, n. 3, recante misure urgenti per assicurare la continuità produttiva ed occupazionale degli impianti ex ILVA (A.S. 1359) – in merito al quale si apprende, dal comunicato del Cdm, che: “nelle more della procedura di gara finalizzata alla definitiva cessione a terzi del compendio aziendale, le norme introdotte ampliano, portandola da 150 a 400 milioni, la facoltà di utilizzo a fini di continuità produttiva del patrimonio già destinato a finalità di ripristino ambientale”.

Con la successiva riunione del Consiglio dei ministri, svolta il 28 gennaio, il Governo ha approvato il decreto legge 5/2025 recante misure urgenti per il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale per gli impianti di interesse strategico (il relativo DDL di conversione in legge non risulta ancora calendarizzato in Parlamento). In considerazione dell’esigenza di inserire la valutazione dei profili di rischio sanitario nel procedimento di riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) degli stabilimenti ex Ilva, in quanto impianti di interesse strategico per il Paese, il decreto dispone quanto segue (ndr. si riprende direttamente il comunicato del Cdm):

  • la modifica della disciplina e della procedura per l’aggiornamento dei criteri metodologici relativi al rilascio del ‘Rapporto di valutazione del danno sanitario’ (VDS), stabilendo, in particolare, che tale rapporto debba fornire elementi di valutazione di carattere sanitario rilevanti anche ai fini del riesame dell’AIA;
  • la modifica della procedura di riesame dell’AIA per gli impianti di interesse strategico nazionale, prevedendo che il gestore (oltre a fornire tutte le informazioni necessarie ai fini del riesame delle condizioni dell’AIA, ivi compresi i risultati del controllo delle emissioni, anche associati alle migliori tecniche applicabili) debba fornire anche il rapporto di VDS relativo allo scenario emissivo connesso all’assetto impiantistico e produttivo oggetto dell’istanza di riesame;
  • introduce la disciplina transitoria relativa ai procedimenti di riesame dell’AIA per gli impianti strategici.

Secondo il decreto legge 207/2012 cosiddetto “DL Salva Ilva” (Convertito con modificazioni dalla L. 24 dicembre 2012, n. 231), il rapporto di VDS è redatto annualmente dall’azienda sanitaria locale (ASL), di concerto con l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA), e i criteri metodologici sono stabiliti da apposito decreto congiunto del Ministro della salute e del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Ecco, il DL 5/2025 sancisce che tali criteri devono essere aggiornati almeno ogni dieci anni e che devono essere adottati entro dodici mesi dalla definizione. Lo stesso decreto stabilisce, inoltre, che l’obiettivo della VDS è fornire elementi di carattere rilevante anche ai fini della revisione dell’AIA. Il gestore dovrà fornire, ai fini del riesame, la valutazione di impatto sanitario (VIS), secondo quanto disposto dal decreto del Ministero della salute dell’8 febbraio 2013.

Il complesso di tali disposizioni scaturisce dalla necessità di adeguare l’ordinamento nazionale alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 25 giugno 2024, che nell’interpretare la direttiva 2010/75/UE – relativa alle emissioni industriali – ha attribuito un ruolo centrale alla VDS nel processo di revisione dell’AIA, a garanzia di tutela della salute pubblica. Tuttavia, il DL 5/2025 conserva il rapporto tra VDS e AIA, specificando che la prima non può modificare unilateralmente le prescrizioni di un’AIA in corso di validità, legittimando soltanto la regione competente a richiedere il riesame dell’autorizzazione, secondo quanto previsto dall’art. 1 c. 7 del DL 61/2013 (Convertito con modificazioni dalla L. 3 agosto 2013, n. 89).

A fronte di tali elementi, giova evidenziare che l’AIA relativa all’ex Ilva è scaduta ad agosto 2023. Pertanto, l’attività dell’impianto è andata avanti in regime di prorogatio. D’altra parte, l’attuale società amministratrice (ndr. Acciaierie d’Italia) ha presentato proprio pochi mesi fa, al MASE, l’ultima valutazione di impatto sanitario, ipotizzando di produrre 8 milioni di acciaio all’anno (sebbene nel 2024 la produzione si è fermata a 2 milioni). La documentazione è stata trasmessa anche all’Istituto superiore di sanità, che ha definito ampiamente accettabili le possibili ricadute dell’operatività dell’impianto sulla salute pubblica locale.

I due decreti di gennaio ’25 e ciò che ne consegue rappresentano, dunque, l’attuale stato dell’arte di una vicenda travagliata. Sembrano questi, dunque, gli orientamenti del Governo su una questione di vitale importanza per la città di Taranto, scegliendo di preservare l’operatività del polo siderurgico nonostante gli scarsi risultati in termini occupazionali (ndr. l’ex-Ilva è in cassa integrazione straordinaria, la cui proposta di proroga, avanzata da Acciaierie, è stata ufficialmente respinta dal Ministero del lavoro proprio negli ultimi giorni) e l’alto impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini.

In merito si è espressa Legambiente, il cui pensiero è sinteticamente riportato da un comunicato stampa dello scorso 24 gennaio 2025. Il Presidente Stefano Ciafani ha definito “grave e inaccettabile che il Governo continui ad attingere alle risorse destinate alle bonifiche dell’ex Ilva per far fronte alle carenze di liquidità di Acciaierie d’Italia in AS […] Non si ripetano gli errori del passato: si dia priorità a salute, ambiente e lavoro”.

Fra l’altro, una volta constatata la portata delle emissioni dell’impianto e le relative conseguenze sull’ambiente e la salute pubblica, l’Italia è stata condannata con cinque sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di Strasburgo: nel 2019 la prima, con l’accusa di non aver adeguatamente protetto i cittadini di Taranto, mentre le altre quattro sono del 2022, imputanti alle autorità italiane di non aver fornito dati precisi sull’effettiva messa in atto del piano ambientale ‘riparatore’ relativo ai danni causati dall’ex Ilva, constatati con la prima pronuncia (ndr. 2019).

Una breve ricostruzione della vicenda

L’impianto siderurgico di Taranto è stato inaugurato nel 1965, sei anni dopo che il Governo ha deciso di ubicare il polo (il quarto in Italia, insieme a quelli di Cornigliano, Piombino e Bagnoli) presso la città pugliese. Dall’entrata in operatività, l’impianto ha avuto una storia turbolenta a causa delle pesanti conseguenze che la sua attività ha causato ad ambiente e salute dei cittadini.

La storia dell’impianto è contraddistinta da diversi ‘passaggi di consegna’. Nel 1965 la gestione dell’impianto era in capo all’Italsider, come gruppo siderurgico di Stato. Nel 1989 è nata l’Ilva Spa, che ha assorbito Finsider e Italsider, e nel 1995 è stato implementato il processo di privatizzazione dell’azienda, che è passata, così, sotto l’amministrazione del Gruppo Riva. Nel 2012, la Gip (ndr. Giudice per le indagini preliminari) Patrizia Todisco ha disposto, oltre ai primi ordini di custodia cautelare, il sequestro degli impianti dell’area a caldo, alla luce dei danni che l’attività dello stabilimento ha causato alla salute dei cittadini. Tuttavia, a dicembre dello stesso anno, il Governo ha approvato il “DL Salva Ilva”, che ha autorizzato di proseguire la produzione e di restituire le merci sequestrate al Gruppo Riva.

Nel 2013, a fronte di due perizie di tipo chimico-ambientale ed epidemiologico, la Giudice Todisco ha ordinato un maxi-sequestro da 8 miliardi di euro sui beni e sui conti del Gruppo Riva (ndr. da cui saranno prelevati i 400 milioni previsti dal DL 3/2025) poiché, secondo la procura, imputabile di un vero e proprio disastro ambientale. L’ordinanza è stata annullata dalla Corte di cassazione e, poco dopo, il Governo ha approvato il DL 61/2013 per disporre la gestione commissariale dell’impianto. Nel 2015 l’acciaieria è entrata in regime di amministrazione straordinaria, l’anno successivo l’allora Ministro dello sviluppo economico (ndr. Governo di Matteo Renzi), Federica Guidi, ha avviato la procedura per l’assegnazione dell’acciaieria ai privati, vinta da ArcelorMittal.

L’acquisizione effettiva è arrivata nel 2020 dopo la sigla dell’accordo sulla governance tra la stessa ArcelorMittal e Invitalia, che un anno dopo è entrata nel capitale sociale di AM InvestCo Italy con una partecipazione del 38%. Il Gruppo è stato quindi rinominato Acciaierie d’Italia.

Nella primavera del 2024, l’attuale Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha posto Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Nei mesi seguenti, il Tribunale di Milano ne ha decretato lo stato di insolvenza, accertando uno squilibrio finanziario di quasi un miliardo di euro, principalmente dovuto ai debiti verso soci, professionisti e fornitori. Da alcuni articoli di stampa nazionale si apprende che la verifica di stato passivo si svolgerà al 5 marzo 2025. Da quel momento potrà partire l’amministrazione straordinaria.

La questione cruciale da risolvere, secondo la procura, è l’intreccio di interessi tra industria e politica, per cui risulta ostico avviare una decarbonizzazione del comparto siderurgico nazionale, non solo dell’ex Ilva, grazie a soluzioni alternative auspicabili – come i forni elettrici – e alla dismissione degli impianti a carbone. In una prospettiva più ampia, la convergenza delle energie rinnovabili e dell’idrogeno verde in questo processo produttivo può rappresentare un’opportunità interessante.

Infatti, l’assenza di una visione di lungo termine che guarda alla transizione sostenibile del settore dell’acciaio, l’ex Ilva non ha futuro.

Fonte foto: Repubblica