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Le regioni e l’individuazione delle aree idonee all’installazione di impianti FER
di Caterina Castellani
Atteso da oltre un anno e mezzo – e in attuazione dell’articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n.199 del 2021, recante l’attuazione della RED II (Direttiva 2018/2001/UE del Parlamento Europeo e del Consilio dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”) – è arrivato il decreto (per ora una bozza) sulle «Aree idonee» per l’installazione degli impianti FER.
Il MASE ha inviato alla Conferenza Unificata Stato Regioni il testo, che stabilisce i criteri e gli obiettivi di potenza per ciascuna Regione e fissa l’obiettivo nazionale di 80 GW al 2030.
Per quanto riguarda le quote di Burden Sharing, al primo posto tra le Regioni c’è la Sicilia con 10.380 MW, seguita dalla Lombardia (8.687 MW), dalla Puglia (7.284 MW) e dall’Emilia Romagna (6.225 MW).
Sono considerati nel conteggio gli impianti entrati in esercizio a partire dal 1° gennaio 2022, cioè: il quaranta per cento della potenza nominale degli impianti a fonti rinnovabili off-shore di nuova costruzione entrati in esercizio dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre dell’anno di riferimento le cui opere di connessione alla rete elettrica sono realizzate sul territorio della Regione o provincia autonoma.
Le Regioni possono anche concludere fra loro “accordi per il trasferimento statistico di determinate quantità di potenza da fonti rinnovabili” a patto che questo non pregiudichi l’obiettivo.
Oltre ai criteri di individuazione delle aree idonee per le rinnovabili, il decreto istituisce un Osservatorio nazionale con l’obiettivo di vigilare e supportare le regioni nel raggiungimento degli obiettivi.
Per quanto concerne le modalità di conseguimento di tali obiettivi, regioni e province autonome dovranno individuare con leggi regionali le superfici e le aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Poi, a decorrere dal 1 Gennaio 2026, qualora il MASE abbia accertato che il mancato conseguimento degli obiettivi è imputabile all’inerzia delle Amministrazioni preposte, informerà il Presidente del Consiglio dei Ministri affinché si provveda ad “assegnare all’ente un termine, non inferiore a 6 mesi, per l’adozione dei provvedimenti necessari”, oppure “in caso di mancato tempestivo adeguamento” ad “adottare le opportune iniziative ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi”.
Ma quali sono considerate aree idonee? “Almeno le seguenti tipologie di superfici e aree”: i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che non comportino una variazione dell’area occupata superiore al venti per cento. (Il limite percentuale di non si applica per gli impianti fotovoltaici, in relazione ai quali la variazione dell’area occupata è soggetta al limite di cui all’articolo 20, comma 8, lettera c-ter), numero 1, del decreto legislativo n. 199 del 2021); le aree dei siti oggetto di bonifica; le cave e miniere cessate, o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; i siti e gli impianti nella disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali; i siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali.
Esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra e per gli impianti di produzione di biometano, sono aree idonee le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere; le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti e le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.
La strada è spianata? Non proprio. Parte ora, infatti, il (difficile) confronto con gli enti.
“L’obiettivo di questa e di altre misure che stiamo portando avanti è quello di eliminare i colli di bottiglia emersi in questi anni”. Così il Ministro Pichetto Fratin ha commentato il nuovo decreto. Ma non sono mancate le critiche da parte delle associazioni di categoria. In primis i criteri “troppo stringenti” per l’installazione del fotovoltaico, dell’agrivoltaico e dell’eolico nelle aree considerate idonee. In particolare, per quanto riguarda l’eolico la bozza del decreto individua come idonee le zone con ventosità tale da garantire una producibilità maggiore di 2.250 ore annue. Criterio, anche questo, considerato troppo stringente. Un altro aspetto negativo è la distanza minima di 3 km tra i beni sottoposti a tutela e gli impianti eolici (requisito che limita fortemente il numero delle aree adatte).
Il testo al momento è al vaglio della Conferenza Unificata Stato-Regioni che si esprimerà sulla loro fattibilità.
La pubblicazione del decreto rimane comunque un punto di partenza, non il traguardo.