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La Riforma della Giustizia e le forze centrifughe nella maggioranza
di Sara Tasca
Sono attualmente in esame da parte delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato tre disegni di legge aventi ad oggetto la semplificazione dei processi penali e civili e la riforma dell’ordinamento giudiziario.
Il Governo, in questo caso il ministro della Giustizia Cartabia, ha sostenuto con forza e a più riprese l’urgenza e l’importanza di queste riforme, anche in ottica di PNRR, sottolineando la responsabilità degli esponenti di Governo e dei rappresentanti in Parlamento e invitando le forze politiche alla coesione. La Commissione europea ha infatti richiesto all’Italia il rispetto di alcune condizioni per ottenere i fondi stanziati con Next Generation EU, particolarmente stringenti per quanto concerne la Giustizia: entro 5 anni è necessario ridurre del 40% la durata dei processi civili e del 25% la durata dei processi penali. Essenziale a tale proposito, sottolinea il ministro Cartabia, completare entro la fine del 2021 l’iter di approvazione delle leggi di delegazione per la riforma del processo civile, per la riforma del processo penale e per la riforma del Csm.
Nel dettaglio il disegno di legge in esame alla Camera (C.2435) ha lo scopo di “rendere il processo penale più veloce ed efficiente”, attraverso una serie di misure volte a limitare la durata dei procedimenti (che rappresenta ancora oggi la maggior criticità del settore della giustizia panale), ridurre l’aggravio derivante dalla riforma della prescrizione (circoscrivendo la sospensione del corso di quest’ultima alle sole ipotesi di condanna in primo grado) e, infine, favorire la celere definizione e il contenimento della durata dei procedimenti pendenti presso le corti di appello.
Il ddl attualmente incardinato a Palazzo Madama (S.1662) ha, invece, l’obiettivo di “apportare modifiche al processo civile di primo grado e di appello attraverso la riduzione dei riti e la loro semplificazione, e di revisionare altresì gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie”.
Il terzo ddl, anch’esso in esame a Montecitorio (C.2681) mira a riformare l’ordinamento giudiziario e a introdurre nuove norme relative al ruolo dei magistrati e al funzionamento del Consiglio superiore della magistratura.
Sul piano politico, le “forze centrifughe” all’interno della maggioranza si sono prontamente messe in moto. Il segretario del PD Enrico Letta si è espresso a favore di una sostanziale riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, anche sulla base “dell’immagine uscita dalle ultime scandalose notizie sulle vicende che lo riguardano”. Dal canto suo, il leader della Lega Matteo Salvini ha annunciato di star organizzando con i Radicali una raccolta firme per un referendum perché a sua detta “questo parlamento con PD e 5 Stelle non farà mai una riforma della Giustizia”. Poco convinta dalle riforme anche Azione: il responsabile Giustizia Enrico Costa ha twittato, il giorno in cui è stato adottato il testo base della Riforma del Csm “oggi alla Camera la maggioranza tutta, ad eccezione di Azione, ha scelto il ddl Bonafede come testo base per la riforma del Csm. A costo di apparire fuori dal coro, proprio non me la sono sentita di votare a favore”.
Nonostante la paternità “bonafediana” dei ddl, anche il Movimento 5 Stelle si presenta piuttosto dubbioso, per via delle modifiche che saranno inevitabilmente apportate nel corso dell’iter di approvazione. Infine, la deputata di Forza Italia e componente della Commissione Giustizia alla Camera, Matilde Siracusano, ha descritto il pacchetto di Riforma del Ministro Cartabia come «un disegno coraggioso che potrebbe davvero cambiare il volto della giustizia nel nostro Paese. Questa vasta riforma della Giustizia – da tempo necessaria nel nostro Pease, cronicamente caratterizzato da una tendenza alla lungaggine processuale – si candida dunque a diventare un tema estremamente “caldo” per la tenuta della maggioranza. Vedremo come tale dossier verrà gestito dalle forze politiche nei prossimi mesi, anche sulla base dell’urgenza e della rilevanza che esso ha acquisito a seguito della pandemia.