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La “fuga” delle Province dalle Regioni di appartenenza: circostanze e procedimento di una nuova tendenza
di Matteo Apicella
Il 12 dicembre sono state depositate presso la Provincia di Isernia, 5200 firme per chiedere l’accorpamento della provincia all’Abruzzo, staccandola dal Molise.
Si tratta solo dell’ultima iniziativa del genere, motivata soprattutto dallo spopolamento delle aree interne, con conseguente carenza di servizi. Tale ipotesi è presa in considerazione dal nostro ordinamento e la normativa di riferimento è l’art.132, II comma della Costituzione. Questa disposizione ammette l’accorpamento di una provincia ad una diversa Regione con l’approvazione della maggior parte della popolazione coinvolta tramite referendum, sentiti i Consigli Regionali interessati e tramite legge ordinaria. L’attuazione di tale norma è lasciata alla potestà legislativa dei singoli enti locali.
Nel caso di Isernia, lo Statuto Provinciale prevede si possa ricorrere a una consultazione popolare per le questioni che riguardano l’accorpamento di enti locali, a patto che siano limitrofi e raccogliendo, in questo caso, 5000 firme. Dopo la raccolta delle stesse, la Provincia dovrà assicurarsi che i firmatari abbiano effettivamente diritto al voto, ma non potrà esprimersi sul merito del quesito. Vi sarà poi un ulteriore controllo formale di legittimità delle sottoscrizioni da parte della Corte di Cassazione, ed in caso positivo, la trasmissione al Presidente della Repubblica che indirà il referendum, che per essere valido, dovrà vedere la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto.
Un punto controverso è il coinvolgimento, dopo la consultazione, dei Consigli Regionali interessati. La formula usata dai Costituenti (“sentiti”) non chiarisce infatti se il parere degli organi assembleari sia vincolante o meno e se si possa quindi eventualmente di fatto trasformare in un potere di veto.
A questo punto il cambiamento verrebbe sancito con legge ordinaria. Questa circostanza è fondamentale ed è il motivo per cui i promotori del referendum non hanno proceduto con l’idea originale, ovvero chiedere l’accorpamento diretto del Molise con l’Abruzzo. In questo caso infatti, essendo il nominativo ed il numero delle Regioni inseriti in Costituzione, si sarebbe dovuto procedere con legge costituzionale, la cui approvazione segue il procedimento “aggravato” dell’art.138 Cost., con un notevole allungamento di tempi (per la necessità della doppia deliberazione di ciascuna Camera), e più incertezze anche sull’esito finale. Servirebbe, inoltre l’approvazione dei Consigli Regionali interessati, con un pericolo concreto di un diniego, dovendo i consiglieri del Molise votare per la soppressione dell’organo per cui lavorano.
L’iniziativa referendaria fa seguito, come anticipato, ad una richiesta simile depositata a Matera, per chiederne lo spostamento in Puglia. In quest’ultimo caso, si tratta però di una semplice richiesta di referendum, sulla cui ammissibilità e sul quesito si deve pronunciare il Consiglio Comunale. In caso di esito positivo, i proponenti avrebbero 60 giorni per raccogliere le firme necessarie, da validare poi nei successivi 30.