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La Conferenza dei servizi si prepara a una svolta
Progetti infrastrutturali, impianti, strade, siti produttivi, opere idriche. Questi e molti altri interventi ad alto impatto sul territorio sono oggetto della Conferenza dei servizi, una fattispecie dell’attività amministrativa, intesa ad una valutazione comparativa di diversi interessi, a fini di coordinamento di poteri e raccordi di competenze. La sua funzione è quella di semplificare il procedimento, ‘unificando’ la sede di valutazione e confronto degli interessi da parte di uffici o amministrazioni diverse (regioni, comuni, agenzie, proponenti del progetto e via dicendo).
Oggetto di critiche per come è condotta oggi, soprattutto per l’imperscrutabilità dei termini decisionali (ma questo vale per tutta la pubblica amministrazione, “la madre di tutte le battaglie” come più volte ha affermato lo stesso Presidente del Consiglio). Parlare di Conferenza dei servizi apre scenari (di discussioni, sovrapposizioni di ruolo e di tempistiche) che spesso avviliscono l’opportunità del progetto stesso.
Il disegno di legge delega che il governo ha approvato per riformare la Pubblica amministrazione (meglio conosciuto DDL Madia dal nome Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione) interviene, opportunamente, anche su questo istituto. In questi giorni la Camera sta votando e modificando in parte questa delega che traccia i criteri direttivi alla base dei decreti legislativi che il governo dovrà poi predisporre in attuazione. I tempi sono stretti: l’esame del DDL partito al Senato è stato fermo parecchi mesi in sede di esame e ora la Camera, in tutta fretta, sta apportando ulteriori modifiche. Entro il 20 di agosto si attende lo sprint perché il Senato lo approvi definitivamente in seconda lettura (già, il bicameralismo perfetto). La delega dovrà esercitarsi nel termine di dodici mesi.
Potrebbe trattarsi di un passo in avanti per sburocratizzare interventi sul territorio che se sicuramente necessitano da una parte di partecipazione, valutazione, coordinamento, dall’altra parte richiedono tempi certi e non eterni.
Vediamo quindi più nel dettaglio su quali assi poggia l’articolo 2 del disegno di legge delega, intitolato Disciplina di riordino della Conferenza dei servizi.
Innanzitutto si dovranno ridurre e ridefinire i casi nei quali la convocazione della stessa sia obbligatoria, anche in base alla complessità del procedimento. È fondamentale limitare il ricorso al procedimento.
Il tema della durata è quindi fondamentale: certezza dei tempi, ovvero necessità che qualsiasi tipo di conferenza di servizi abbia una durata certa, anche con l’imposizione a tutti i partecipanti di un onere di chiarezza e inequivocità delle conclusioni espresse.
Per i temi di tutela del patrimonio storico-artistico e ambientale, entro il termine dei lavori della conferenza si dovrà considerare acquisito l’assenso delle amministrazioni: scaduta la conferenza niente più da eccepire su questi temi da Sovrintendenze o amministrazioni locali.
Dovrebbe cambiare anche la composizione della stessa, per altro avvalendosi di strumenti telematici per velocizzare i processi e garantire la presenza anche remota degli interessati. L’obbiettivo individuato di semplificare l’iter si sostanzia anche nel garantire forme di coordinamento o di rappresentanza unitaria delle amministrazioni interessate. E poi, prevedere la partecipazione alla conferenza di un unico rappresentante delle amministrazioni statali. Un unico interlocutore responsabile per il progetto per conto dell’amministrazione quindi, anche per responsabilizzare la stessa.
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