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Infrastrutture: lo sviluppo della banda larga a supporto della fibra e del 5G
di Ludovica Montervino
A febbraio 2024, il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento Europeo hanno raggiunto un accordo sul Gigabit Infrastructure Act (GIA), volto ad accelerare l’installazione e, dunque, l’implementazione delle infrastrutture di rete Gigabit sul territorio dell’UE. L’accordo ha carattere politico e rientra nell’ambito del progetto di riforma e superamento della direttiva sulla riduzione dei costi della banda larga, risalente al 2014. In questo quadro, la GIA rappresenta un atto legislativo fondamentale per conseguire gli obiettivi e i traguardi di connettività dell’Europa sul digitale, da raggiungere nel prossimo decennio.
Il contesto normativo europeo dedicato alle tlc, in vigore fino a poche settimane fa, si basava sulla Broadband Cost Reduction Directive (BCRD), la Direttiva n. 61 del 2014. Il documento è stato introdotto con l’obiettivo di promuovere la diffusione delle reti di telecomunicazione ad alta velocità, riducendo i costi di installazione grazie a misure armonizzate ma, ad oggi, i target in esso contenuti sono già stati raggiunti oppure sono diventati desueti, come l’accesso alla rete internet a 30 Mbps: i nuclei familiari che dispongono di tale accesso sono difatti aumentati dal 58%, nel 2013, al 90%, nel 2021, ma si tratta di una infrastruttura obsoleta poiché questa velocità non supporta le capacità di rete necessarie per lo sviluppo delle tlc tra imprese e cittadini. Inoltre, la revisione della normativa è diventata inevitabile soprattutto rispetto alla sezione relativa ai costi della banda larga che, divenuti eccessivi, hanno cominciato a inficiare sul raggiungimento dei digital goal al 2030, con uno scostamento di circa 65 miliardi di euro all’anno rispetto al livello di investimenti stimati nel 2014.
Pertanto, a febbraio 2023, la Commissione Europea ha presentato la proposta recante disposizioni volte a ridurre i costi di installazione delle reti tlc Gigabit, nell’ottica di abrogare la BCRD. In merito, a giugno dello stesso anno, la formazione del Consiglio Europeo sulle telecomunicazioni ha vagliato una relazione sullo stato dell’arte dei lavori e a dicembre ha pubblicato il proprio orientamento generale sul testo. Il processo di riforma deve, pertanto, migliorare la connettività su banda larga veloce, ossia il 5G, e assicurarne l’accesso a tutti i cittadini degli Stati membri a beneficio dell’alfabetizzazione digitale, secondo uno standard di armonizzazione minima. Invero, i traguardi dell’interconnessione sono finalizzati alla riduzione delle disuguaglianze di accesso alla rete tra centri urbani e aree rurali.
Lo scopo del progetto include, da una parte, l’abbattimento dei costi di realizzazione dell’infrastruttura, un processo che, talvolta, risulta eccessivamente lungo e complesso, nonché soggetto all’eterogeneità delle procedure e delle norme degli Stati membri; dall’altra, le istituzioni europee puntano a garantire i principi di certezza giuridica e trasparenza a tutti gli utenti preposti alla gestione delle reti pubbliche di telecomunicazioni. Per questo motivo, il suddetto accordo provvisorio prevede un meccanismo di conciliazione obbligatorio tra enti pubblici e operatori tlc, con l’obiettivo di facilitare la concessione delle autorizzazioni e predisporre le disposizioni utili a favorire la connessione nelle zone rurali.
Un altro aspetto interessante riguarda l’installazione delle infrastrutture fisiche all’interno degli edifici e il relativo accesso. La ratio consiste nell’agevolazione delle applicazioni transfrontaliere, permettendo agli operatori, ai fabbricanti di apparecchiature e alle imprese principalmente coinvolte nel settore di assicurarsi miglioramenti in termini di economie di scala.
Infine, in vista della scadenza dell’attuale prezzo retail per le comunicazioni intra-UE regolamentate, fissata al 14 maggio 2024, le istituzioni europee hanno previsto la conservazione del regime di tutela dei consumatori, con particolare attenzione alle categorie vulnerabili, tramite l’estensione dei massimali tariffari, attualmente fissati a 0,19 euro al minuto per le chiamate e a 0,06 euro a SMS, in prospettiva di abolire le tariffe intra-UE entro il 2029, quando la differenziazione dei prezzi al dettaglio in base al luogo da cui originano le chiamate, all’interno del perimetro comunitario, cesserà di esistere.
Recentemente, il 29 aprile 2024, l’accordo è stato ufficialmente approvato dal Parlamento e dal Consiglio sottoforma di Regolamento, ed è diventato legge. L’8 maggio è stato, poi, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, entrando in vigore, ma comincerà ad avere efficacia normativa dai 18 mesi successivi.
La reazione degli operatori: meglio prima?
I principali portatori di interesse degli operatori tlc al livello europeo hanno sin da subito manifestato un certo scetticismo intorno al Gigabit Infrastructure Act, definendolo come una potenziale minaccia, piuttosto che un aiuto; tant’è che Etno, Ecta, GSMA e GigaEurope già a febbraio hanno pubblicato una dichiarazione congiunta per cercare di intercettare il consenso dei legislatori.
Il punto cruciale dell’istanza riguardava due aspetti: l’eliminazione della clausola del “tacito assenso”, per cui la richiesta del permesso di posa delle infrastrutture di rete da parte degli operatori viene automaticamente accettata laddove le autorità locali non danno riscontro entro una certa scadenza, e l’imposizione di un tetto standard alle chiamate intra-UE attraverso l’abolizione del roaming. In entrambi i casi, le misure sono state definite inutili e dannosi per i loro interessi, in virtù di un regolamento mal concepito.
Tuttavia, le istituzioni comunitarie hanno ritenuto opportuno procedere sul sentiero tracciato con l’accordo dello scorso febbraio, mantenendo invariate le disposizioni oggetto della controversia.