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Incentivi, perché serve il via libera di Bruxelles?
di Giuditta Brambilla
“Il decreto è stato trasmesso a Bruxelles. Siamo in attesa del via libera da parte della Commissione UE, che sta verificando la compatibilità della misura con la disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato”.
Ecco un’affermazione ricorrente, che solitamente accompagna l’annuncio dell’adozione di un decreto o altro provvedimento che introduca o modifichi misure incentivanti. Ma perché la necessità di questo passaggio, che quasi sempre si traduce in un allungamento – anche significativo – delle tempistiche di adozione delle misure incentivanti?
Quello degli incentivi, ovvero degli aiuti di Stato, è un tema delicato e intrinsecamente legato a quello della concorrenza, oggetto di attente riflessioni a livello comunitario già dagli arbori della creazione dell’Unione Europea e, infatti, disciplinato da uno dei trattati costitutivi, ovvero il Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE).
La disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato risponde a una duplice necessità: da una parte, quella di limitare l’adozione di misure che possano distorcere e/o limitare la libera concorrenza nel mercato interno e, dall’altra, quella di permettere comunque un certo grado di flessibilità, riconoscendo il ruolo che misure di supporto posso giocare nell’incentivare, appunto, lo sviluppo di attività necessarie per il raggiungimento di obiettivi di interesse generale che senza alcun tipo di supporto difficilmente si svilupperebbero nelle dimensioni e ai ritmi auspicabili.
Ecco perché, se l’articolo 107, paragrafo 1 del TFUE stabilisce il principio di divieto degli aiuti di Stato, lo stesso articolo ai paragrafi 2 e 3 individua quelle situazioni in cui un tale intervento può essere invece ritenuto compatibile con il principio della libera concorrenza nel mercato interno.
Sono autorizzati, ad esempio, i cosiddetti aiuti di stato orizzontali, come gli interventi pubblici che si distinguono per essere destinati a tutte le imprese, senza discriminare tra regioni e/o settore economico, o quelli cosiddetti settoriali, adottati a beneficio di un intero settore al fine di risolvere problemi di lungo periodo.
Dalla delicatezza del tema derivano, come noto, l’obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE – salvo alcuni casi eccezionali – disciplinata agli articoli 108 e 109 del TFUE e l’impossibilità per lo Stato membro a dare esecuzione alle misure prima che l’esecutivo europeo abbia espresso la propria decisione finale in merito.
Infine, è bene sottolineare che, in talune specifiche circostanze, ad esempio quando le spese di finanziamento degli incentivi superano i 150 milioni di euro/anno o i 750 milioni di euro totali, oppure quando le misure di sostegno prevedono cambiamenti significativi in ambito tecnologico, regolamentare o di mercato, la Commissione UE ha facoltà di imporre non solo un obbligo di notifica ex ante, ma anche una fase di valutazione ex post.
Se il TFUE definisce le regole generali sul tema, è la Commissione Europea l’ente responsabile di specificare nel dettaglio le categorie di aiuti ammessi per ogni interesse di carattere generale perseguito. Questo viene fatto attraverso l’adozione di Comunicazioni contenti i cosiddetti Orientamenti in materia di aiuti di Stato.
Nell’ambito energia, clima e ambiente, l’esecutivo europeo ha recentemente rivisto questi orientamenti (gennaio 2022), al fine di assicurarne la coerenza con i principi del Green Deal Europeo, ovvero “chi inquina paga” e “non arrecare un danno significativo (DNSH)”. Tra gli aiuti di stato ammissibili rientrano, tra gli altri, gli incentivi per favorire la produzione di energia rinnovabile e ridurre ed eliminare le emissioni di gas climalteranti e l’inquinamento più in generale.
Nello specifico, ecco cosa prevede la Commissione UE.
Per quanto riguarda la produzione di energia rinnovabile, si specifica che sono compatibili con la disciplina comunitaria le misure a favore della produzione di idrogeno verde e di impianti che utilizzano biogas (incluso biometano), biocarburanti, bioliquidi e i combustibili a biomassa, ma solo se i combustibili utilizzati rispettano i criteri di sostenibilità specificati nella Direttiva UE sulle rinnovabili RED II e i relativi atti di esecuzione. Similmente è vero per la produzione di energia a partire da rifiuti, ammessa solo se i rifiuti usati sono conformi alla definizione europea di fonte di energia rinnovabile.
Tra gli incentivi ammessi all’interno di questa categoria, anche quelli a beneficio delle tecnologie che permettono di ridurre le emissioni di anidride carbonica, comprese quelle per la produzione di energia cosiddetta low-carbon, dello sviluppo dei sistemi di cogenerazione ad alto rendimento, della cattura e stoccaggio (o utilizzo) di carbonio e dell’eliminazione di emissioni prodotte da processi industriali.
Infine, tra le misure ammesse rientrano anche quelle a favore di interventi che permettano di migliorare la gestione della domanda e lo stoccaggio dell’energia, sempre con l’obiettivo di ridurre le missioni.