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Il Parlamento Europeo ratifica l’accordo di riforma del sistema ETS
La riforma del sistema ETS (Emission trade scheme), il meccanismo con cui l’Unione Europea ha scelto di regolare lo scambio di quote di emissioni di CO2, partirà nel 2019 con due anni di anticipo rispetto a quanto aveva previsto inizialmente la Commissione. Lo ha stabilito il Parlamento europeo che mercoledì scorso ha approvato l’accordo informale raggiunto a maggio con il Consiglio dell’UE e la presidenza lettone. Prima che possa entrare in vigore comunque, la legislazione dovrà essere formalmente approvata dal Consiglio a settembre.
La riforma prevede un nuovo regolamento che crea un sistema di prelievo automatico dal mercato di una porzione delle quote di permessi di emissione CO2 per porle in una riserva di “stabilità” (Mechanism Stability Reserve), qualora l’eccedenza sia superiore a una certa soglia. Le quote potrebbero essere reimmesse sul mercato, nello scenario opposto. L’eccesso di quote di emissione, introdotto nel sistema dal 2009, è stimato in oltre 2 miliardi. Secondo l’accordo, le 900 milioni di quote già congelate almeno fino al 2019 saranno collocate in riserva.
La Riforma prevede anche quote gratuite per le società dei settori maggiormente esposti al rischio di delocalizzazione (la cosiddetta “carbon leakage“) che a causa dei costi del carbonio sarebbero spinte verso Paesi con politiche ambientali meno rigorose. La Commissione Europea ha stimato che tali settori rappresentino il 77% delle emissioni da produzione industriale. La revisione generale della direttiva Ets, su cui anche la Cortei dei Conti europea ha espresso svariate critiche, sarà presentata dalla Commissione europea entro quest’anno.
Intanto l’Italia cerca di allinearsi all’Europa in materia di scambio di emissioni, superando le criticità mosse dalla Commissione europea, che aveva avviato una procedura ‘EU Pilot’ (pre-infrazione) per presunta non conformità delle misure nazionali con le direttive europee di “emission trading”.
Il Consiglio dei ministri del 26 giugno ha infatti approvato in via definitiva un decreto legislativo che modifica il dlgs n. 30 del 13 marzo 2013, che dà attuazione della direttiva 2009/29 sul perfezionamento e l’estensione del sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra. Il decreto approvato dal CdM interviene su alcuni punti deboli emersi nel corso del primo periodo di applicazione del sistema ETS: in particolare rende più efficaci le funzioni istruttorie e deliberative del Comitato Ets, corregge il sistema sanzionatorio e revisiona la disciplina per l’esclusione degli impianti di dimensione ridotta dal sistema per lo scambio di quote (in particolare gli impianti termici degli ospedali).
Il tema rimane discusso e sono diversi i deputati e i senatori italiani che si dicono insoddisfatti del sistema ETS, in testa a tutti il presidente della Commissione VIII Ambiente Ermete Realacci, e preferirebbero al suo posto l’introduzione di una carbon tax che valga sia sulle merci di importazione, sia su quelle prodotte in Europa.
Tuttavia la posizione della Commissione europea è ferma e non prevede l’adozione di questo strumento fiscale. Lo ha ribadito anche il commissario per l’Azione per il clima e l’energia Miguel Arias Canete, di recente in audizione al Parlamento per fare il punto sulle nuove misure previste dal pacchetto ‘Unione dell’energia’, che verrà presentato il 15 luglio. Secondo Canete, infatti, con una tassa sul carbonio sarebbe difficile stabilire il contenuto di CO2 dei prodotti importati e una misura di questo tipo potrebbe scatenare reazioni sgradite da parte degli importatori.
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