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Il delicato meccanismo della questione di fiducia
di Redazione
Il 22 ottobre 2022 il Governo Meloni entrava in carica. In questo anno spesso si è sentito parlare del ricorso da parte dell’esecutivo alla questione di fiducia.
Il più recente si è verificato il 7 novembre da parte del Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, che ha posto la questione di fiducia al decreto Caivano in esame nell’Aula della Camera per cui si sono ottenuti 193 voti favorevoli, 121 astenuti e 5 contrari.
Ma il Governo guidato dalla Premier Meloni non è l’unico ad utilizzare spesso lo strumento della “questione di fiducia” e ”dei decreti legge”. Ma cos’è la questione di fiducia e cosa comporta?
L’Articolo 94 della Costituzione prevede che, per poter esercitare le proprie funzioni, il Governo debba godere della fiducia da parte di entrambe le Camere del Parlamento.
La questione di fiducia è uno strumento non previsto espressamente dalla Costituzione ma che risale alla “prassi costituzionale”.
In particolare, la questione di fiducia è disciplinata dall’articolo 116 del Regolamento della Camera dei Deputati e dall’articolo 161 del Regolamento del Senato della Repubblica.
I Governi degli ultimi anni hanno spesso posto la questione di fiducia sulla votazione di specifici testi all’esame del Parlamento, quali la Legge di Bilancio.
La questione di fiducia ha come finalità, tra l’altro, quella di ricompattare la maggioranza su un provvedimento che il Governo reputa estremamente importante per la propria azione politica, come ad esempio un decreto legge o un emendamento ad un disegno di legge.
La fiducia può essere posta su votazioni aventi ad oggetto l’approvazione di un articolo, dell’articolo unico del disegno di legge di conversione di un decreto-legge, l’approvazione o reiezione di emendamenti, così pure su un ordine del giorno, una mozione o una risoluzione.
La questione di fiducia non può essere posta su proposte di modifica al Regolamento del funzionamento delle due Camere, né su quanto attenga al loro funzionamento interno.
La fine del rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento si verifica, oltre che in caso di dimissioni volontarie da parte del Governo, anche in caso di approvazione da parte di una delle due Camere di una mozione motivata di sfiducia. In questi casi il Presidente del Consiglio rassegna le dimissioni al Presidente della Repubblica che solitamente si riserva di accettarle in un secondo momento e invita il Presidente del Consiglio dimissionario a restare in carica per il “disbrigo degli affari correnti”.
Il “disbrigo degli affari correnti” prevede tra l’altro che il Governo:
- può esaminare i disegni di legge di ratifica dei trattati, i DDL di delegazione europea e della legge europea
- può emanare i decreti legislativi in scadenza, attuativi di deleghe già approvate dal Parlamento
- non può procedere con nomine o designazioni che non siano vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, o che comunque non siano procrastinabili fino all’entrata in carica del nuovo Governo.