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Idonee, non idonee, “forse idonee”. Il punto (e qualche domanda) sulle aree dello sviluppo delle rinnovabili
di Carlo De Nicola
Lo Schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva RED II, attualmente in fase di esame da parte dei due rami del Parlamento, costituisce un importante punto di svolta nel percorso di evoluzione del concetto di aree idonee cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Lo Schema prevede infatti una tripartizione del territorio nazionale ai fini dello sviluppo delle rinnovabili: vi saranno, quindi, aree idonee – interessate da una procedura autorizzativa ulteriormente abbreviata con parere non vincolante dell’autorità paesaggistica – aree non idonee e aree, per così dire, “forse idonee”, dove è applicata la procedura ordinaria in materia di permitting.
Come si colloca tale scenario rispetto all’assetto previsto dalla normativa precedente?
In principio erano le aree non idonee: nel DM 10 settembre 2010 Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili queste erano previste essenzialmente come una misura volta ad accelerare gli iter autorizzativi, identificando a priori i siti nei quali, per caratteristiche ambientali non aggirabili, le valutazioni ambientali avessero “una elevata probabilità di esito negativo”. Ciò a condizione che – specificava il Decreto – le Regioni e le Province autonome, titolate all’individuazione delle aree non idonee, assicurassero comunque l’installazione di una capacità almeno sufficiente al raggiungimento della quota assegnata nell’ambito del burden sharing. Solo alcune Regioni hanno poi proceduto effettivamente a tale operazione. Dieci anni dopo, il primo DL Semplificazioni (76/2020) delegava a un apposito DPCM l’individuazione, oltre che delle tipologie progettuali necessarie al raggiungimento degli obiettivi del PNIEC, delle aree non idonee alla realizzazione di siffatti impianti – DPCM che non è mai arrivato.
Di converso, la Legge di delegazione europea 2019-2020 prevede che sia definita una disciplina per l’individuazione delle aree idonee e non idonee, con contestuale individuazione di procedure più rapide per le prime, e che le aree idonee siano individuate in modo tale da garantire l’installazione di una capacità di impianti FER almeno pari agli obiettivi fissati dal PNIEC, nel frattempo approvato.
In tale modo cambia la prospettiva: le aree idonee non sono meramente quelle che “non sono non idonee” e quindi, per esclusione, possono ospitare impianti di produzione di energia rinnovabile – piuttosto, sono aree in cui lo sviluppo delle FER è prioritario, e come tale deve essere agevolato mediante l’individuazione di strategie di policy dedicate.
Questa formulazione apre alla tripartizione esplicitamente portata avanti dallo Schema di decreto legislativo di recepimento della RED II, nell’articolato del quale si esclude l’adozione, da parte di Regioni e Province autonome (ancora una volta titolate all’individuazione), di un’interpretazione strettamente complementare tra aree idonee e aree non idonee: le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile […] in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee. Per gli impianti ubicati in aree idonee, oltre che la riduzione pari a un terzo della durata degli iter autorizzativi e la non vincolatività del parere obbligatorio dell’autorità paesaggistica, è previsto anche un accesso preferenziale ai nuovi incentivi di prossima definizione.
In questo scenario, quindi, la normativa vorrebbe assicurare che gli obiettivi del PNIEC (ça va sans dire, a loro volta da aggiornare) possano idealmente essere raggiunti tramite procedure che presentino il massimo grado di semplificazione. Alla capacità così installata si aggiungerà quella delle aree “forse idonee”, sottoposte a iter standard, seppur semplificati dagli ultimi provvedimenti.
Occorre tuttavia a questo punto porre alcune domande:
- Non avendo illo tempore tutte le Regioni individuato le aree non idonee, come escludere la possibilità che anche le aree idonee siano individuate in ritardo, o non siano punto individuate?
- Per far fronte alla possibilità di cui al punto sopra, lo Schema di decreto individua alcuni criteri sostitutivi per l’individuazione delle aree idonee da considerare validi nelle Regioni che non abbiano proceduto all’individuazione. Nel più cupo degli scenari, ovvero laddove nessuna Regione o quasi individuasse le aree idonee, la capacità installabile in queste aree sarebbe sufficiente al raggiungimento degli obiettivi del (nuovo) PNIEC?
- Poiché – e, come consulenti, parliamo per esperienza diretta – la tipologia progettuale ha un ruolo centrale nel determinare l’effettiva compatibilità di un impianto con un’area, quali meccanismi saranno previsti per “tenere al passo” i criteri di idoneità con le tecnologie che via via si perfezioneranno?
Auspichiamo che le risposte a questi e ad altri quesiti arrivino nel corso dibattito parlamentare delle prossime settimane, e nei decreti ministeriali che renderanno effettivamente operativo lo Schema di decreto.