Dalle Istituzioni, Energia Elettrica, Governo, In Primo Piano, Produzione di Energia, Rinnovabili
I numeri e le previsioni sul decreto energie rinnovabili. Chi vince, chi perde (per ora)
Chiuso – si fa per dire – il capitolo Spalma-incentivi sul fotovoltaico, le associazioni in rappresentanza del comparto dei produttori di energia da fonte rinnovabile, assoRinnovabili e ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento) in primis, ma anche gli ambientalisti, hanno intrapreso una nuova azione di lobbying e di comunicazione “contro” quelle che sembrano essere le intenzioni dell’Esecutivo in merito ai nuovi incentivi alle rinnovabili non fotovoltaiche.
C’è da sapere, infatti, che il decreto ministeriale del 6 luglio 2012 che assegnava 5,8 miliardi annuali per l’incentivazione alle rinnovabili (nuovi impianti, rifacimenti, etc.) è ormai in scadenza visto che il contatore GSE – ultimo aggiornamento al 30 aprile 2015 – riportava un costo indicativo annuo pari a circa 5,765 miliardi di euro. Mancano dunque meno di 35 milioni al tetto: tempo di aggiornare i numeri e di emanare in fretta un nuovo decreto (atteso già da mesi), sapendo però che il nuovo provvedimento sarà di breve respiro visto che la prospettiva temporale massima cui fa riferimento è fissata al 30 dicembre 2016 (o prima, al termine del contingente). Dal 2017, infatti, dovrebbe entrare in vigore un nuovo sistema incentivante, che il Governo preparerà nel frattempo seguendo le indicazioni UE sugli aiuti di Stato.
Secondo eLeMeNs, che sulla base della bozza di decreto ha elaborato alcune stime numeriche riguardanti il prossimo decreto, il budget disponibile per il 2015 e il 2016 sarebbe tra i 335 e 390 milioni.
Tali risorse verrebbero in parte da quelle non ancora utilizzate del contatore GSE, altre si andranno liberando per via della scadenza naturale di alcuni cicli di incentivazione e nonché di revoche autorizzative da parte del GSE. Una previsione conservativa, secondo eLeMeNs, prospetta circa 400 milioni di euro come ammontare totale delle risorse disponibili nel prossimo biennio. Tenuto conto che la potenza degli impianti sotto-soglia che verranno realizzati verrà detratta dagli spettanti contingenti della seconda procedura dei registri – e che pertanto non dovrebbe esserci un apprezzabile costo supplementare, il limite di spesa di 5,8 miliardi non dovrebbe essere raggiunto prima del 31 dicembre 2016. Questo – si sottolinea – sarà vero a meno di un’incontrollata crescita degli impianti sotto-soglia o di un crollo del prezzo energia (e quindi maggiori costi di incentivazione).
Stando alla bozza in circolazione, relativamente alla potenza incentivabile, il totale della capacità messa a disposizione, attraverso il sistema delle aste (solo per eolico e solare termodinamico) e registri (per tutte le FER non fotovoltaico) è pari a 1.233 MW, circa la metà di quanto reso disponibile nel precedente decreto che si riferiva agli anni 2012-2014. Un elemento che fa molto discutere riguarda anche la scelta, di destinare molto del contingente disponibile agli ex zuccherifici che, insieme al solare termodinamico, raggiungono da soli il 50% delle risorse disponibili.
La bozza del Ministero dello Sviluppo economico che circola da settimane – ma che con buona probabilità sarà rivista a seguito della barricata di scudi alzata dal settore – prevede un generalizzato intervento di limitazione sulla rinnovabili, i cui sistemi di incentivazione, è bene ricordalo, sono alimentati dalla componente A3 della nostra bolletta energetica. Secondo i calcoli di eLeMeNs, i nuovi valori di incentivazione al MW/h prevedono, rispetto al precedente decreto, riduzioni per ciascuna fonte comprese mediamente tra il 10% e il 30% (nel caso dei bioliquidi la riduzione è addirittura del 50%).
È però soprattutto sull’eolico che si gioca la partita più complessa. Secondo ANEV, infatti, il taglio agli incentivi per l’eolico non favorirebbe lo sviluppo del settore, riducendone anzi in misura consistente le prospettive di crescita e sviluppo. Con i contingenti di incentivazione previsti dal decreto per i registri di impianti onshore (700 megawatt tra il 2015 e il 2016), l’Italia – sostiene l’associazione guidata da Simone Togni – potrebbe non raggiungere gli obiettivi al 2020 e quelli in fase di definizione al 2030. Per centrare gli impegni servirebbero, secondo ANEV, almeno 800 MW all’anno.
Ha inoltre suscitato stupore che per l’eolico offshore non si faccia alcun riferimento al contingente previsto per i due anni di riferimento, bloccando così il comparto e facendo potenzialmente naufragare molti progetti in un’attività che in Italia non ha mai avuto molta fortuna proprio per via della mobilitazione di movimenti ambientalisti – uguali e contrari a quelli che l’eolico lo sostengono perché “pulito” – che considerano le pale e le turbine in mezzo al largo delle nostre spiagge una orribile deturpazione del paesaggio.
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