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Etichettatura dei prodotti alimentari: quando scatta l’obbligo di indicazione quantitativa degli ingredienti?
di Giuditta Brambilla
Il 2 ottobre, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha comunicato che con circolare del 18 settembre 2024 sono state adottate le “Linee guida sulla dichiarazione della quantità degli ingredienti, nonché ulteriori informazioni per la corretta applicazione delle disposizioni riguardanti l’etichettatura di taluni prodotti alimentari”.
Si tratta di un documento volto a chiarire la corretta applicazione dell’articolo 22 del Regolamento (UE) 1169/2011 che disciplina l’obbligo di indicazione quantitativa degli ingredienti – anche detta QUID – sulla confezione dei prodotti alimentari.
È bene precisare che l’obbligo si riferisce agli ingredienti (es. uova, farina, cacao) e non invece ai componenti naturalmente presenti nei prodotti (es. teina, sali minerali, caffeina) e che riguarda unicamente i prodotti destinati alla vendita al consumatore finale.
Partiamo dalla normativa europea. Secondo il sopracitato articolo 22, la quantità di un ingrediente deve essere indicata quando esso a) figura nella denominazione dell’alimento o è generalmente associato a tale denominazione dal consumatore; b) è evidenziato nell’etichettatura mediante parole, immagini o una rappresentazione grafica; o c) è essenziale per caratterizzare un alimento e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso a causa della sua denominazione o del suo aspetto.
Con riferimento alla lettera a), rientrano in questi casi prodotti alimentari come la pasta all’uovo, lo yogurt alle fragole o i bastoncini di pesce. Poiché l’ingrediente “uovo”, “fragole” e “pesce” è specificato nella denominazione dell’alimento, è necessario specificarne la quantità.
L’indicazione del QUID non è obbligatoria se la denominazione dell’alimento identifica un prodotto composto, salvo nel caso in cui sia messo in rilevanza un ingrediente specifico. Ovvero, la quantità di nocciole non deve obbligatoriamente essere specificata se un prodotto è venduto come “torrone”, mentre la specifica è necessaria se il prodotto è denominato “torrone alle nocciole”.
Un discorso analogo vale per i “biscotti farciti”: in questo caso non è richiesto di indicare la percentuale dell’ingrediente che compone la farcitura, che dovrà però essere specificato per i “biscotti alla crema”. Se si tratta, invece, di “biscotti alla crema di nocciole”, allora non solo la percentuale di crema, ma anche quella di nocciole sarà da specificare. In questo caso, è possibile sia indicare la percentuale di crema di nocciole, sia i singoli ingredienti che la compongono e le rispettive quantità.
Un esempio di “ingrediente generalmente associato dal consumatore alla denominazione di vendita” è quello della frutta nello strudel. Poiché il consumatore si aspetta che lo strudel contenga della frutta, è necessario specificarne la quantità nell’etichettatura. Il MIMIT chiarisce qui che l’obbligo non sussiste in caso di prodotti alimentari composti nella (quasi) totalità da un ingrediente, come ad esempio il gorgonzola al mascarpone: in questo caso, l’obbligo varrà solo per il mascarpone.
Venendo alla lettera b), si fa qui riferimento agli ingredienti evidenziati “nell’etichettatura mediante parole, immagini o una rappresentazione grafica”. L’obbligo decorre, spiega il MIMIT, “quando un ingrediente è messo in rilievo nell’etichettatura di un prodotto alimentare, in luogo diverso da quello ove figura la denominazione di vendita, (con indicazioni del tipo “al burro”; “con panna”; “alle fragole”; “con prosciutto”), ovvero con caratteri di dimensione, colore e/o stile diverso per richiamare su di esso l’attenzione dell’acquirente, anche se non figura nella denominazione di vendita”.
Ne è esempio una confezione di biscotti con un’illustrazione che pone in evidenza la presenza di gocce di cioccolato nei biscotti stessi o che contenga un’immagine ben evidente di una mucca: poiché questa lascia intendere che siano presenti nel prodotto ingredienti di origine lattiero-casearia, sarà necessario specificarne il QUID. L’obbligo non si applica invece se l’immagine è volta a suggerire un modo di preparazione e consumo del prodotto “a condizione che l’illustrazione sia inequivocabile e non metta in evidenza in altro modo il prodotto venduto e/o alcuni dei suoi ingredienti.”
L’indicazione del QUID non è necessaria neanche nel caso di un’immagine che “rappresenta tutti gli ingredienti del prodotto, senza metterne in rilievo uno”, come le verdure nel caso di un minestrone, né se l’immagine “ rappresenta solo una raffigurazione paesaggistica, quali un campo di frumento o delle spighe sulle confezioni di pasta alimentare o di prodotti da forno”.
Infine, per quanto riguarda un ingrediente “essenziale per caratterizzare un alimento e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso a causa della sua denominazione o del suo aspetto” (lettera c), il MIMIT spiega anzitutto che la disposizione è volta a “soddisfare le esigenze dei consumatori in quegli Stati membri dove la composizione di certi prodotti è regolamentata e/o dove i consumatori associano taluni nomi ad una composizione specifica”. Rientrano in questa fattispecie solo “quei prodotti che differiscono nella composizione tra un paese e l’altro, ma che sono venduti con lo stesso nome o con nomi similari” e l’obbligo di specificare il QUID si applica solo all’ingrediente essenziale “per caratterizzare l’alimento”. Il MIMIT riporta l’esempio dell’aranciata, che per essere definita tale deve contenere una specifica quantità di succo d’arancia che varia però da Paese a Paese e che dovrà quindi essere chiaramente specificata. Queste dunque le linee generali. La legislazione europea prevede comunque anche alcune specifiche deroghe agli obblighi di cui sopra, descritte nell’allegato VIII del Regolamento (UE) 1169/2011