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Cosa è successo con l’elezione dei giudici costituzionali?

di Matteo Apicella
Il 13 febbraio il Parlamento in seduta comune ha eletto, dopo più di un anno di attesa, i quattro giudici costituzionali che risultavano mancanti. Ma perché si è atteso così tanto? Per capirlo occorre procedere con ordine. La Corte Costituzionale nella sua composizione ordinaria è composta da 15 giudici, eletti per un solo mandato della durata di 9 anni, al termine del quale non è previsto alcun regime di prorogatio, che prevederebbe di restare in carica fino all’elezione del sostituto. In questo caso, il giudice dalla data della scadenza del mandato cessa con effetto immediato di fare parte della Corte. L’art. 135 della Costituzione prevede che 5 giudici costituzionali sono nominati dal Presidente della Repubblica, 5 sono eletti dalla magistratura ordinaria ed amministrativa e 5 dal Parlamento in seduta comune. La successiva legge costituzionale (87/1953) attuativa (anche) di questa disposizione prevede per i primi tre scrutini una maggioranza dei due terzi dei componenti delle Camere, e per le votazioni successiva alla terza la maggioranza dei tre quinti. Delle maggioranze così ampie si spiegano con la volontà del legislatore di “costringere” le forze politiche ad indicare un nome comune e “spoliticizzare” quanto più possibile la nomina, togliendola quanto meno dalla disponibilità della sola maggioranza.
Tornando alla situazione attuale, essa si è originata nel novembre del 2023, quando è scaduto il mandato dell’allora Presidente Sciarra. Le forze politiche però, prima di adoperarsi realmente ad una scelta del sostituto, hanno aspettato dicembre 2024, quando sono scaduti i mandati di altre tre giudici costituzionali. Il motivo è presto detto. Con 4 giudici da eleggere, è infatti maggiormente possibile procedere all’elezione secondo logiche spartitorie tra i partiti (cosa impossibile quando il giudice da eleggere è uno): in particolare due dovrebbero essere indicati dalla maggioranza, uno dall’opposizione ed un altro individuato in una figura super partes. In realtà neanche con questo modus operandi si era giunti, prima dell’ultima votazione, ad una soluzione, principalmente per alcune incertezze dei partiti sulla figura da indicare. Tale tendenza però, oltre a contravvenire del tutto la logica pensata dai costituenti, ha intanto esposto la Corte ad una situazione grave ed insolita: da dicembre 2024 l’organo si è infatti riunito con 11 giudici su 15, il limite minimo che la legge 87/1953 stabilisce per l’operatività della Consulta. Basterebbe quindi un qualsiasi impedimento ad un giudice per bloccare l’attività della Corte, di fatto paralizzandola, con un gravissimo vulnus per il nostro ordinamento, come più volte sottolineato dal Presidente della Repubblica. Una composizione così ridotta della Corte Costituzionale, pur essendoci sempre state difficoltà a giungere ad un accordo politico per l’elezione del o dei giudici, non si era mai verificata nella storia della Repubblica.