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Il ‘Green Economy’ aumenta le tasse sull’idroelettrico
Dal 2 febbraio 2016 sono entrate definitivamente in vigore le disposizioni sulla green economy previste da Collegato ambientale alla legge di stabilità 2014 (ora legge 221/2015) e con esse quelle in materia di idroelettrico.
In particolare con l’articolo 62 si introducono disposizioni in materia di sovracanone di bacino imbrifero montano (BIM) e si stabilisce che il sovra canone si applichi agli impianti con potenza nominale media superiore ai 220 chilowatt. Questa norma annulla definitivamente la distinzione di importi tra impianti di diversa potenza e porterà ad un innalzamento dei tributi dovuti per piccoli e medi impianti idroelettrici.
Il calcolo del sovra canone in precedenza veniva applicato sulla base della taglia dell’impianto. I piccoli e medi impianti idroelettrici di potenza nominale media compresa tra 220 Kw e 3000 Kw pagavano €22,90 per ogni Kw, mentre gli impianti di grande derivazione con potenza nominate superiore a 3000Kw pagavano € 30,43/Kw.
Il Governo ha optato per la parificazione degli importi dovuti forse per favorire le entrate degli enti locali già vessati dai vincoli di bilancio ma la visione appare miope e danneggerà fortemente gli investimenti nell’idroelettrico, primaria fonte di energia rinnovabile in Italia.
Con le nuove disposizioni il sovra canone andrà pagato non oltre 24 mesi dalla data di concessione, quando questa è stata assegnata a partire dal 1° gennaio 2015 e – come fa notare in una nota AssoRinnovabili – per i nuovi impianti il sovracanone sarà dovuto anche se i Comuni non realizzeranno i conseguenti interventi infrastrutturali di loro competenza. In altre parole i sovracanoni vanno pagati a prescindere dal loro utilizzo diretto sul territorio.
L’associazione di categoria ha già minacciato nuovi contenziosi legali da parte degli operatori del settore per cercare di salvare il piccolo idroelettrico.