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Investimenti nel sistema idrico integrato: tra nuove tariffe e morosità
Rimasta per giorni senz’acqua, a causa di una frana che ha interrotto il funzionamento dell’acquedotto dell’Alcantara, Messina ci ricorda che l’acqua (o, meglio, il servizio idrico) è un bene economico. Non comune. È una risorsa scarsa, che produce un’utilità per chi la consuma e un costo per chi, i gestori del sistema idrico integrato (SII), si occupa delle attività di captazione, adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione delle acque reflue.
In quanto bene economico, e data la condizione di “monopolio naturale” delle reti idriche, l’acqua ha un prezzo che non emerge dalle normali dinamiche di mercato. Diversamente, esso dipende da scelte regolatorie finalizzate a far sì che chi consuma contribuisca ai costi sostenuti dai gestori per la realizzazione e mantenimento delle infrastrutture idriche necessarie.
Illustrando il rilevante fabbisogno di investimenti per il SII, la Relazione Annuale dell’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico espone in tutta chiarezza il concetto di “acqua bene economico”. Un fabbisogno che si manifesta in modo difforme nelle diverse aree geografiche del Paese e che ha ricevuto risposte altrettanto eterogenee. Nel quadriennio 2012-2015, al Centro e al Nord, dove attività di misura e conservazione degli impianti richiedono maggiori risorse, si sono investiti circa €200 e €150 per abitante. Nel Sud e nelle Isole, dove continuità del servizio idropotabile, perdite di rete e mancanza di sistemi fognari e depurativi creano allarme, soltanto €75 e €64 per abitante.
Tuttavia, le tariffe approvate per il biennio 2014-2015 mostrano inoltre uno sbilanciamento verso i costi operativi sostenuti dai gestori. Nel complesso, il 73% dei corrispettivi è andato a remunerazione dei costi di gestione, mentre solo il 21% a remunerazione dei costi di capitale.
Memore delle lezioni degli anni precedenti, il metodo tariffario che l’Autorità sta per varare per il periodo regolatorio 2016-2019 va proprio nella direzione di favorire efficienza, investimenti e convergenza tra le diverse aree del Paese.
Il nuovo metodo, preannunciato nel Documento per la Consultazione 406/2015/R/idr, conferma l’approccio asimmetrico per schemi regolatori del precedente periodo: il massimo incremento tariffario ammissibile sarà sempre definito, per ogni annualità, in funzione delle esigenze di nuovi investimenti, rispetto alla RAB (ossia gli investimenti già riconosciuti e remunerati) esistente, e degli obiettivi di qualità ed efficienza che i gestori intendono perseguire.
A cambiare, ampliandosi rispetto al biennio 2014-2015, gli obiettivi del regolatore: maggiore focus sugli investimenti, efficienza, qualità del servizio, e razionalizzazione delle gestioni, come incoraggiata dal decreto Sblocca Italia che vede nei processi di aggregazione un impulso importante per la convergenza tra aree del Paese. Quest’ultima, appare un percorso obbligato nella prospettiva di dotare il Paese di infrastrutture adeguate a garantire l’accesso alla risorsa idrica secondo standard qualitativi e ambientali il più omogenei possibili sul territorio nazionale.
Strumento principe per conseguire tutti questi obiettivi, il cosiddetto meccanismo di sharing. Ossia il trasferimento ai consumatori, mediante riduzione del massimo incremento tariffario ammissibile, dei risparmi di costo derivanti dalla razionalizzazione delle gestioni, miglioramento dell’efficienza e della qualità del servizio. Il nuovo meccanismo opererà attraverso il confronto di due nuove grandezze introdotte dall’Autorità: il costo operativo per abitante servito e il costo operativo pro-capite su base nazionale.
Il fattore di sharing sarà nullo nel caso in cui il gestore si proponga, per il periodo 2016-2019, di dare vita a miglioramenti nella qualità del servizio e all’aggregazione delle gestioni. In caso contrario, il trasferimento ai consumatori sarà invece positivo e maggiore per gli operatori il cui costo operativo per abitante servito supera quello pro-capite nazionale. Ciò non sorprende se si pensa che il meccanismo di sharing intende promuovere, tra le altre finalità, il superamento di contesti gestionali che, per densità della popolazione coperta, evidenziano una dimensione industriale subottimale e costi più elevati per abitante servito.
Tra sforzi del regolatore e realizzazione degli investimenti pesa però un’incognita importante: la morosità. Fenomeno in crescita e di cui poco si parla per il SII. In questa direzione, come noto al Regolatore, l’adozione di regolazioni specifiche che allochino i costi ai soggetti che li generano, il miglioramento del servizio di misura, fatturazione e assistenza al cliente attraverso una regolazione incentivante sono desiderabili.
Tuttavia, affinché sia massimizzato il gettito necessario per realizzare quegli investimenti di cui il SII ha disperato bisogno, come Messina ricorda, queste misure dovrebbero essere accompagnate da una distinzione tra morosità opportunistica e incolpevole. A questo scopo, l’adozione di un bonus sociale, come accade già per settore elettrico e gas, sarebbe importante. Anche per superare l’eterogeneità che oggi caratterizza le Regioni nell’offerta di agevolazioni ai clienti meno abbienti. Sostenere quanti, per condizioni economiche, non sono in grado di pagare per l’utilità che ricevono dal consumo della risorsa idrica è forse l’espressione più alta di “acqua bene economico”.