Dalle Istituzioni, Idrocarburi, In Primo Piano, Produzione di Energia, Regioni
Emilia Romagna, l’E&P può ripartire
Un accordo tra Regione Emilia Romagna e Ministero dello Sviluppo Economico riapre il capitolo sviluppo e investimenti sugli idrocarburi.
Lo scorso 16 luglio è stato presentato a Bologna dagli assessori regionali alla Difesa del suolo, Paola Gazzolo, e alle Attività produttive, Palma Costi, un accordo operativo con il Ministero per revocare la sospensione di nuovi permessi e concessioni sul territorio regionale. Un blocco attivo da aprile 2014, quando la regione (ancora sotto la guida di Vasco Errani, Partito democratico, poi dimessosi per altre vicende), a seguito della pubblicazione dell’esito del rapporto ICHESE, comunicò l’intenzione di estendere, sino all’acquisizione dei risultati delle nuove verifiche richieste al CIRM-Commissione per gli Idrocarburi e le Risorse Minerarie del Ministero, la sospensione in tutta l’Emilia Romagna di qualsiasi nuova attività di ricerca e coltivazione. Era lo stesso assessore Gazzolo a intestarsi politicamente la revoca. Oggi, a poco più di un anno di distanza, con nuova giunta regionale guidata dal governatore Stefano Bonaccini (PD), firma il protocollo per il riavvio di progetti nell’E&P: “Con un atto coraggioso e di grande responsabilità – hanno affermato gli assessori – l’anno scorso fu decisa, in via precauzionale e temporanea, la sospensione di nuovi permessi e concessioni. Oggi, con la stessa responsabilità e coerenza, revochiamo quella sospensione perché le indagini tecnico-scientifiche svolte in seguito alle raccomandazioni del Rapporto ICHESE, approfondite sul sito di Cavone, hanno fugato ogni dubbio e dimostrato che ci sono le condizioni per operare in piena sicurezza”.
COMMISSIONE ICHESE E LABORATORIO CAVONE – BREVE CRONISTORIA
Dal terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna nel 2012, si sono diffuse in maniera allarmistica ipotesi di connessione causa-effetto fra attività di trivellazione ed eventi di sismici. La Regione Emilia Romagna, anche sull’onda emotiva che scosse la popolazione, istituì nel dicembre 2012 una commissione – chiamata Commissione ICHESE (International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region) per rispondere essenzialmente alla domanda se sia scientificamente possibile ammettere tale rapporto di causalità. Il Rapporto ICHESE, reso pubblico agli inizi di maggio del 2014, escluse decisamente una qualsivoglia sismicità indotta dall’estrazione di fluidi dal sottosuolo e in particolare dal giacimento di Cavone (parte della concessione Mirandola, ricadente per lo più sulla provincia di Modena, della quale è unico titolare la Società Padana Energia S.p.A.), ma affermava però che non si potesse escludere né provare una qualche sismicità innescata. Un sostanziale rinvio ad altri approfondimenti, che ministero, regione e Padana Energia, con il patrocinio di Assomineraria, avviarono sotto la forma di un protocollo di ricerca nell’aprile 2014 col nome progetto Laboratorio Cavone (labcavone.it).
A luglio 2014 le conclusioni, con il placet da parte dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: non esiste alcuna correlazione tra l’estrazione di idrocarburi e gli eventi sismici che si sono verificati in Emilia Romagna nel maggio 2012. La regione, però aveva nel frattempo posto la moratoria su ogni nuovo progetto.
L’EMILIA ROMAGNA E GLI IDROCARBURI: UN FORTE LEGAME TRA ECONOMIA E STORIA
Un anno di stop, che ha certamente comportato disinvestimenti, chiusure di progetti, allungamento dei tempi, in una regione nella quale l’estrazione degli idrocarburi contribuisce in maniera importante al bilancio nazionale (in particolare per il gas naturale). I numeri dell’Unimg (la Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello Sviluppo) mostrano il grande potenziale della regione nel comparto E&P: se si considera il numero dei soli permessi di ricerca, l’Emilia Romagna è la prima in Italia con 33 Titoli autorizzativi di ricerca rilasciati contro i 10 della Basilicata. Difficile quindi non intuire il “costo” di una moratoria annuale. Ma non solo, le attività estrattive fanno parte della storia di quelle terre: in Emilia Romagna l’attività estrattiva è tra le più vecchie del Paese, e risale alla fine dell’800 nelle zone collinari del parmense di Fornovo Taro e di Salsomaggiore Terme. Nel dopoguerra, con l’avvento dell’AGIP di Enrico Mattei tutta la Pianura Padana fu oggetto di scoperte e di perforazioni per l’estrazione del gas naturale. Anche nella zona marina di fronte a Ravenna dagli anni ’60 si iniziarono a scoprire e sfruttare importanti giacimenti di gas naturale offshore.
I TERMINI DELL’ACCORDO – I TRE PROGETTI PILOTA
Ma, come si suole dire, meglio tardi che mai: con il protocollo appena firmato riprendono i progetti, ottenendo in cambio, da parte del ministero, la redazione di Linee guida stringenti per le aziende concessionarie e l’introduzione di ulteriori garanzie per lo svolgimento e il controllo delle attività, tra cui strumenti di monitoraggio di altissima tecnologia: l’istallazione di una rete di sensori di microsismicità, un sistema di rilevazione delle deformazioni del suolo, un sistema a semaforo, che consente di definire soglie di rischio anche molto basse e di far scattare, se necessario, la limitazione, la sospensione o l’interruzione delle attività.
Questa intesa, la prima su scala nazionale, verrà applicata su tre campi pilota: sull’ormai noto Cavone (Mirandola, Modena) per la coltivazione di idrocarburi, sull’impianto di stoccaggio gas di Minerbio (Bologna), sull’impianto di coltivazione di risorse geotermiche di Casaglia (Ferrara).
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