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La legge regionale della Sardegna sulla moratoria per impianti FER tra divieti e dubbi di costituzionalità: i possibili scenari
di Matteo Apicella
Il 2 luglio il Consiglio Regionale della Sardegna ha approvato la legge regionale 3 luglio 2024 n.5 sulla moratoria di 18 mesi per impianti eolici e fotovoltaici su alcune aree del territorio regionale. In particolare, queste sono state definite con precisione a seguito di un emendamento presentato dalla Giunta e comprendono, tra le altre:
- aree naturali protette istituite ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) ed inserite nell’Elenco ufficiale delle aree naturali protette,
- zone umide ricadenti nei siti di interesse comunitario (SIC) o in zone di protezione speciale (ZPS) e zone umide ricadenti all’interno di riserve naturali e oasi di protezione istituite a livello nazionale e regionale,
- aree incluse nella Rete natura 2000 ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992,
- aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità, quali produzioni biologiche, produzioni DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni tradizionali, ovvero aree di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale,
- aree di cui all’art.142 c.1 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).
Sono esclusi dall’applicazione di queste misure una serie di interventi, fra cui quelli relativi ad impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili destinati all’autoconsumo, gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria o di revamping di impianti di produzione e di accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, e quelli per impianti agrivoltaici, connessi a un’azienda agricola esistente prima del 2019, con altezza dal suolo non inferiore a 2,1 metri, in modo tale da non ostacolare la continuità dell’attività colturale e pastorale e l’intero e permanente utilizzo della superficie agricola utile.
Sul provvedimento però, già durante l’iter di approvazione, sono stati espressi forti dubbi di costituzionalità, prefigurando un ricorso del Governo alla Corte Costituzionale (circostanza peraltro non smentita neanche dal Ministro Pichetto), con probabile accoglimento. La giurisprudenza costituzionale sul punto sembra in effetti consolidata e, prendendo spunto dalla sentenza 27\2023, che trae origine da una legge regionale abruzzese sulla moratoria per impianti FER simile a quella succitata, sembra tracciare per l’Esecutivo la strada del ricorso principale in via diretta.
Il ricorso principale in via diretta si ha quando il Governo ritiene che una legge regionale leda una disposizione costituzionale, nel caso di specie l’art.117 c.1 che stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni anche nel rispetto dei vincoli imposti dall’ordinamento comunitario. Nel caso della sentenza in esame (il cui esito potrebbe ripetersi nel caso della moratoria sarda) il riferimento è alla direttiva UE 2018\2001, recepita con il decreto legislativo 199\2021 con cui la legge in oggetto contrasta, con particolare riferimento all’art.20 commi 6-7, ai sensi dei quali “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione e le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile”.
Altra questione è il ricorso per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione: in questo caso, lo Stato ritiene che una propria competenza (in questo caso quella relativa alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia) sia stata illegittimamente esercitata da una Regione con un suo atto. La Consulta ha quindi stabilito (così come in altre sentenze, tra cui la 11/2022, 177/2021 e la 106/2020) che, essendo questa una competenza concorrente, spetta allo Stato stabilire i principi fondamentali in materia, nel cui perimetro poi le Regioni devono legiferare. Tali principi sono costituiti dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e dalle Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili inderogabili per le Regioni, inderogabili dalle Regioni in quanto “poste a garanzia di una disciplina unica su tutto il territorio nazionale” (sent.27/2023) e violate dall’atto impugnato.
Sia per la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzione che per quello in via diretta, il Governo ha 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento sul BUR (avvenuta il 4 luglio) per presentare ricorso.
Nel caso in cui il ricorso principale in via diretta venga accolto, l’atto impugnato perde efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza, mentre se il ricorso per conflitto di attribuzione viene accolto, la Corte Costituzionale annulla l’atto impugnato.
In caso di impugnazione, sulla base dei precedenti, il procedimento davanti alla Corte Costituzionale potrebbe protrarsi per 12 mesi.