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Un’analisi della misura sulla limitazione dell’utilizzo del suolo agricolo per la produzione di energie rinnovabili nel DL Agricoltura
di Martina Molino
Lo scorso 15 maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DL 63/2024, cosiddetto DL Agricoltura. Attualmente è in corso in parlamento l’iter di conversione in Legge del decreto-legge, che dovrà esaurirsi entro 60 giorni.
Ha fatto molto discutere soprattutto l’inserimento all’articolo 5, di misure che limitano l’utilizzo del suolo agricolo per la produzione di energia rinnovabile. Seppur “addolcito” rispetto al testo delle prime bozze circolate nei giorni precedenti, questa nuova misura sembrerebbe avere ricadute non da poco per il comparto energetico. L’articolo infatti introduce disposizioni finalizzate a limitare l’installazione degli impianti fotovoltaici a terra nei terreni ad uso agricolo. In particolare modificando l’articolo 20 del decreto legislativo 199/2021, consentendo l’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra di cui all’articolo 6-bis, lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (per cui è prevista la DILA), solo in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, esclusivamente nei siti dove sono già installati impianti della stessa fonte, solo per interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata; e nella solar belt, ossia in cave e miniere cessate, nei siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane nonché delle società concessionarie autostradali; nei siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale; nelle aree interne agli impianti industriali e nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.
L’articolo fa salvi i progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una Comunità energetica rinnovabile; i progetti attuativi delle altre misure di investimento del PNRR (es. Agrivoltaico Innovativo) e dal Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.
Inoltre, il comma 2 fa salve anche “le procedure abilitative, autorizzatorie o di valutazione ambientale già avviate alla data di entrata in vigore” del decreto, che potranno essere concluse ai sensi della normativa previgente.
L’iter di conversione in Parlamento
L’iter di conversione in Parlamento si è aperto con un breve ciclo di audizioni tra martedì 28 e mercoledì 29 maggio. Sono intervenuti in Commissione Industria del Senato rappresentanti delle associazioni di categoria del settore energetico, quali tra le altre Elettricità Futura, Italia Solare, Alleanza per il Fotovoltaico, ANIE, AssoESCo e Confindustria e anche i rappresentanti del settore agricolo tra cui Coldiretti e Confagricoltura.
A più livelli le associazioni rappresentanti i produttori di energie rinnovabili si sono detti contrari all’inserimento della misura in questione: Elettricità Futura ha evidenziato come non sarebbe opportuno parlare di “invasione del suolo agricolo”, stante l’attuale occupazione dello 0,13% della superficie agricola coltivabile per la produzione di energia da impianti fotovoltaici e ha posto l’accento sulla necessità di salvaguardare tutte le fattispecie di agrivoltaico, non solo gli impianti finanziati dal PNRR; Italia Solare ha avanzato alcune proposte di modifica della misura tra cui quella di individuare le aree necessarie al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione; estendere le aree di installazione di impianti fotovoltaici a terra, comprendendo le aree destinate agli impianti per autoconsumo, ai siti prossimi alle aree industriali, commerciali e artigiane. Alleanza per il Fotovoltaico invece ha sottolineato che i terreni su cui questi sono installati sono di norma non redditizi, e in ogni caso, con gli impianti agrivoltaici, per disposizione di legge, il 70% deve essere coltivato; e ha puntualizzato l’inesistenza di una valida alternativa ai grandi impianti per il raggiungimento degli obiettivi comunitari, data l’insufficienza della capacità energetica prodotta tramite installazione di pannelli sui tetti di edifici privati.
Il DM Aree Idonee
Tra i punti portati avanti da Italia Solare, in particolare c’è anche quello della necessità di definizione chiara delle aree idonee e non idonee e che queste non siano modificabili dalle Regioni. Il richiamo è appunto al tanto atteso “DM Aree Idonee”, ormai da mesi fermo in sede di Conferenza Unificata delle Regioni. L’uscita del decreto, in attuazione dell’articolo 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 199/2021, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, è stata ritardata dalle divergenze di approccio nei mesi scorsi tra il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e delle Regioni. Il mancato accordo riguarda soprattutto il margine di discrezione lasciato alle singole Regioni di definire le Aree considerate idonee, da una parte con il Ministero che caldeggiava un approccio più centralista, dall’altra le amministrazioni regionali che spingevano per una maggiore discrezionalità.
Nei giorni scorsi la situazione sembrerebbe essersi sbloccata, con un accordo politico sullo schema di decreto che pare si sia raggiunto tra il Ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin e le Regioni, in particolare con la Sardegna, al cui Assessore all’Industria (Anita Pili nella precedente Giunta, alla quale sono poi subentrati gli Assessori Laconi e Cani) spetta per turnazione il coordinamento della Commissione Energia della Conferenza delle Regioni. L’accordo sembrerebbe dare maggior spazio di manovra alle Regioni.
I prossimi passi
Nel corso dell’iter di conversione in Legge, rimane aperta la possibilità di emendare il testo del “DL Agricoltura” rispetto alla versione approvata dall’Esecutivo. Tuttavia, indipendentemente dalle modifiche che verranno approvate e dalle effettive conseguenze giuridiche per gli operatori del settore, l’inserimento dell’articolo 5, fortemente sostenuto dal Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, sembrerebbe rappresentare un segnale politico da parte del Governo per guadagnare il favore degli agricoltori, forse anche in vista delle imminenti elezioni europee.
La risonanza della questione, amplificata dalle dichiarazioni sui social media di vari esponenti del Governo contro quella che è stata definita “speculazione delle rinnovabili”, preoccupa gli operatori del settore delle energie rinnovabili. Oltre alle difficoltà interpretative della norma che hanno impegnato il comparto nei giorni scorsi, l’effetto più evidente è una crescente sfiducia verso il panorama italiano, dovuta alla mancanza di certezza del diritto e alla percepita incoerenza politica e assenza di un piano di lungo termine.
Sarà interessante seguire i futuri sviluppi della faccenda. È importante notare che il termine per la presentazione delle proposte emendative da parte dei parlamentari è stato fissato al 12 giugno, quindi dopo le elezioni per il Parlamento europeo. Potrebbe forse l’esito elettorale influenzare anche il destino del “DL Agricoltura”?