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Direttiva Case Green: sarà presto tempo di lavorare al Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici
di Giuditta Brambilla
Il 28 maggio è entrata in vigore la cosiddetta “Direttiva Case Green”.
Si tratta indubbiamente di uno dei file più contestati tra quelli del pacchetto Fit for 55%, anche – e soprattutto, a dire il vero – dal nostro Paese. L’Italia, infatti, non solo ha votato, insieme all’Ungheria, contro l’adozione della Direttiva, ma durante i negoziati in Consiglio si è fatta portavoce e promotrice, insieme alla Polonia, della corrente di pensiero più critica nei confronti delle misure proposte.
«Una Direttiva pensata malissimo», ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, durante la conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara. «Dobbiamo essere realisti. Per noi sono obiettivi difficili, anzi, diciamo pure impossibili», le ha fatto eco il Ministro Pichetto Fratin, intervistato dal Corriere della Sera.
Ma di quali obiettivi stiamo parlando? La Direttiva è volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e il consumo di energia finale degli edifici entro il 2030, in vista del raggiungimento di un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050.
A questo fine, si chiede agli Stati Membri che siano attuate misure per garantire, tra gli altri, 1) la riduzione del consumo medio di energia primaria degli edifici residenziali del 16% rispetto ai valori del 2020 al 2030 e del 20-22% al 2035; 2) la ristrutturazione e l’efficientamento del 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni energetiche entro il 2030 e del 26% entro il 2033; 3) la graduale sostituzione ed eliminazione delle caldaie autonome alimentate a combustibili fossili; 4) l’installazione di impianti solari sui tetti degli edifici, nonché di colonnine per la carica dei veicoli elettrici e 5) l’installazione di sistemi di automazione e controllo, nonché di sistemi per il controllo automatico dell’illuminazione.
L’ambizione c’è (adeguata? Irrealista? Insufficiente? A ognuno la sua), soprattutto se si considera che il parco immobiliare italiano è tra i più obsoleti a livello europeo e che, secondo quanto emerge da alcuni studi condotti da Bankitalia e dal centro studi di Unimpresa, più della metà degli edifici ad uso residenziale appartengono alle classi energetiche peggiori (F e G).
Condivisibili o meno, comunque, gli obiettivi sono fissati e le misure da adottare per garantirne il raggiungimento anche. Volenti o nolenti, è allora necessario lavorare per metterle in pratica.
Da dove partire? Una tra le prime cose che l’Italia – come tutti gli altri – sarà chiamata a fare è la stesura di un Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici. Un documento programmatico, simile al Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (dove questo Piano sarà infatti inserito nel prossimo futuro), per delineare il percorso che il nostro Paese intende imboccare per raggiungere l’obiettivo di trasformare gli edifici esistenti in edifici a emissioni zero.
Nel Piano appena citato dovrà anzitutto essere inserita “una rassegna del parco immobiliare nazionale per tipi di edifici, compresa la rispettiva quota nel parco immobiliare nazionale, epoche di costruzione e zone climatiche differenti, fondata, se del caso, su campionamenti statistici e sulla banca dati nazionale degli attestati di prestazione energetica”. Una cosa non da meno: un’immagine chiara e precisa del parco immobiliare nazionale – che ad oggi sembra mancare – è infatti essenziale per quantificare l’impegno richiesto dal nostro Paese.
Tra le altre cose che il Piano dovrà contenere: 1) una tabella di marcia con obiettivi nazionali in termine di ristrutturazione energetica e riduzione del consumo di energia primaria e delle emissioni di gas a effetto serra operative per il 2030, il 2040 e il 2050; 2) una rassegna delle politiche e delle misure a sostegno dell’esecuzione di tale tabella (incluso, per le misure e politiche fiscali, le fonti di finanziamento previste); 3) una panoramica del fabbisogno d’investimenti per l’attuazione del piano e 4) la traiettoria nazionale per la ristrutturazione del parco immobiliare residenziale.
Come accennato, la proposta di Piano – e il successivo Piano definitivo – sono presentati ogni 5 anni alla Commissione UE nell’ambito della proposta di aggiornamento del PNIEC.
La scadenza per la preparazione e trasmissione della prima proposta di Piano di ristrutturazione degli edifici alla Commissione Europea è fissata al 31 dicembre 2025, mentre la versione definitiva del primo Piano entro il 31 dicembre 2026.
Sempre in linea con quanto già avviene per il PNIEC, ogni Stato Membro è tenuto a organizzare una consultazione pubblica sulla proposta di piano prima che questa sia trasmessa alla Commissione UE per una prima valutazione. Un’occasione per tutti gli operatori di settore – e non solo – per dire la propria su questo tema così complicato.