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Lo stop del Governo Meloni al Superbonus: occorre risolvere il problema dei crediti “incagliati”
Sono ore di fermento per il Governo di Giorgia Meloni. La deliberazione da parte del Consiglio dei Ministri prima e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale poi del Decreto Legge 16 febbraio 2023, n.11 relativo a misure urgenti in materia di cessione di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali, ha subito suscitato le reazioni da parte del settore edilizio e bancario, i principali attori su cui ricadranno gli effetti della norma se non subisse modifiche in sede di conversione.
In una nota pubblicata il 20 febbraio sul sito della Presidenza del Consiglio traspare però l’intento del Governo di voler trovare “le soluzioni più adeguate per quelle imprese del settore edilizio che hanno agito correttamente nel rispetto delle norme”.
“Tale situazione, che l’Esecutivo Meloni ha ereditato riguardante i cosiddetti ‘crediti incagliati’(cioè i crediti maturati e che il sistema bancario ha difficoltà ad assorbire) – prosegue la nota – verrà esaminata al più presto in un tavolo tecnico al quale saranno presenti i rappresentanti delle associazioni di categoria oggi intervenuti. Nel tavolo tecnico saranno individuate norme transitorie al fine di fornire soluzioni nel passaggio dal regime antecedente al decreto legge a quello attuale, tenendo conto della situazione delle imprese di piccole dimensioni e di quelle che operano nelle zone di ricostruzione post-sisma”.
Rilevanti le prese di posizione da parte di Antonio Patuanelli, Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e di Federica Brancaccio, Presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE).
ABI e ANCE in un comunicato a firma congiunta “ritengono che l’utilizzo degli F24 sia indispensabile per ampliare la capacità di compensazione fiscale e risolvere il problema dei crediti incagliati che sta mettendo in grande difficoltà il sistema delle imprese. ABI e ANCE ribadiscono che la proposta dell’F24, ha il vantaggio di essere applicabile in tempi molto rapidi, di facile realizzazione e non avrebbe alcun impatto aggiuntivo sulla finanza pubblica”.
La ratio del discusso Decreto Legge è da rinvenirsi nella straordinaria necessità ed urgenza del Governo di introdurre ulteriori e più incisive misure per la tutela della finanza pubblica.
Oggetto del provvedimento, puntualizza Palazzo Chigi, è la disciplina relativa alla cessione dei crediti d’imposta e non il “bonus” in sé.
A partire dalla data di entrata in vigore del provvedimento, ossia dal 17 febbraio 2023, non è più possibile optare né per lo “sconto in fattura” né per la cessione del credito d’imposta per le spese sostenute per gli interventi realizzati in tema di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica e “superbonus 110%”, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.
La norma tra l’altro prevede che:
- per le pubbliche amministrazioni a partire dal 17 febbraio 2023 è vietato acquistare i crediti di imposta derivanti dall’esercizio delle opzioni per la cessione del credito e dello sconto in fattura;
- ferme le ipotesi di dolo, il concorso nella violazione che determina la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari, è in ogni caso escluso con riguardo ai cessionari se si verificano due condizioni:
- se dimostrano di aver acquisito il credito di imposta;
- se sono in possesso di specifica documentazione, relativa alle opere che hanno originato il credito di imposta, le cui spese detraibili sono oggetto delle opzioni per la cessione del credito o dello sconto in fattura.
Le associazioni di categoria, dopo l’incontro tenutosi nelle ultime ore con i principali esponenti del Governo tra cui i Ministri Giorgetti e Pichetto Fratin, si dicono parzialmente soddisfatte e sperano che la norma possa subire modifiche durante l’iter di conversione in Parlamento.