Corporate Social Responsibility, Dai territori, In Primo Piano, Post in evidenza, Rinnovabili
Il racconto di una “battaglia”. Come la stampa locale tratta gli impianti di Biogas e Biometano
di Mattia Fadda
La realizzazione degli impianti energetici è spesso osteggiata dalle comunità locali da Nord a Sud del Paese a causa del pregiudizio per gli impatti veri o presunti su ambiente, salute e attività economica. Le ragioni di questo conflitto sono profonde e attengono a questioni peculiari di ciascun territorio, oltre alla crisi di rappresentanza nelle democrazie occidentali. Il pregiudizio antiscientifico e quello antitecnologico alimentano la sfiducia diffusa e pregressa per tutto ciò che non si conosce. Di contro gli studi di impatto territoriale messi a punto dagli investitori e dagli sviluppatori guardano pressoché esclusivamente agli aspetti tecnici (ingegneristici) e autorizzativi (legali). Anche aziende importanti sottostimano l’impatto delle dinamiche sociali e politiche del territorio che invece si incaricano di ritardare o spesso persino di impedire la realizzazione degli impianti.
Per questo, in seno a E-Innovation Committee Public Affairs Advisors ha condotto un’analisi sulle parole e le rappresentazioni più usate sulla stampa a tiratura locale (cartacea e web) con particolare riferimento a una specifica tecnologia: il Biogas e il Biometano. L’intera analisi è stata presentata lo scorso 9 novembre in occasione del 2° Focus Group “La decarbonizzazione del gas. Combustibili rinnovabili, e-fuel, opportunità del PNRR e accettabilità locale”. Il corpus testuale dell’analisi consta di 235 articoli di stampa (cartacei e web) pubblicati fra il tra il 26 ottobre 2020 e il 26 novembre 2011, selezionati attraverso la ricerca di 4 parole-chiave: «Biogas», «Biometano», «biodigestore», «FORSU».
Gli impianti a biogas, come molti altri, non fanno eccezione in termini di opposizioni locali. Quelli legati al ciclo dei rifiuti vengono quasi sempre osteggiati da gruppi di cittadini e quasi mai difesi dagli amministratori locali. Anche alcuni impianti promossi da imprenditori agricoli che hanno forte radicamento sul territorio raccolgono comunque dissenso organizzato o almeno proteste e cattiva stampa.
I risultati – in merito ai quali non ci si dilunga in questa sede – delineano un quadro complesso, all’interno del quale è essenziale, per gli operatori, muoversi con attenzione per scongiurare il rischio di vedersi contro uno sbarramento di opposizioni locali. Uno dei dati più indicativi, a tale proposito, è che gli argomenti di chi si oppone prevalgono, in termini di visibilità, sugli argomenti di chi propone. Se, poi, il proponente è un’azienda che non proviene dal territorio, si assiste ad una netta prevalenza di un linguaggio “bellico”: gli articoli descrivono la realizzazione dell’opera come una “battaglia”, uno “scontro”, combattuto con le armi delle “raccolta firme” in nome del contrasto alla “speculazione” e alla “tutela della salute”.
Sebbene possa apparire uno scenario fosco per un dibattito che, solitamente, nelle intenzioni di chi propone dovrebbe essere basato sui contenuti rigorosi ed argomentati di un corposo Studio di Impatto Ambientale, in realtà sono proprio queste le regole del gioco quando si propone un progetto. Esiste una dimensione tecnica e una di immaginario, non meno importante della prima: la prima è oggetto di valutazione da parte delle istituzioni tecniche, ma la seconda si realizza nella stampa e nell’interazione tra azienda e comunità locali.
Una buona comunicazione per l’accettabilità territoriale consente di mantenere congiunti questi due aspetti, massimizzando le probabilità di successo di un progetto.