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Il punto politico di giugno: verso un nuovo bipolarismo?
di Carlo De Nicola
Con il divorzio definitivo tra M5s e Rousseau, l’avvio dell’era “contiana” sembrerebbe ormai non avere ostacoli: il nuovo Statuto pentastellato sarebbe infatti in fase di ultimazione, e il posizionamento del partito all’interno della galassia del centrosinistra appare un fatto ormai assodato. Nell’esporre le linee guida della propria leadership, l’ex premier ha anche confermato il sostegno al Governo Draghi, sin dal proprio esordio oggetto di critiche da parte dei dissidenti “movimentisti”, e si è mostrato possibilista su una revisione, almeno parziale, del limite dei due mandati per i parlamentari M5s, facendo seguito a una specifica richiesta di buona parte del ceto parlamentare pentastellato. Insomma, il nuovo Movimento 5 Stelle sposa in pieno (almeno pubblicamente) la linea governista e partitica, candidandosi come partner di lungo periodo (ma “non strutturale”, nelle parole dello stesso Giuseppe Conte) per il PD – anche se, come raccontiamo in questo articolo, la prova delle amministrative del 2021 è riuscita solo parzialmente.
Della trasformazione del M5s non appare ancora del tutto convinto il garante e fondatore Beppe Grillo: al netto delle indiscrezioni trapelate sulla stampa, che descrivono i rapporti tra Grillo e Conte ora distesi ma dialoganti, ora più freddi, vi sarebbero parti del nuovo Statuto poco gradite al comico genovese, comportanti in particolare una delimitazione del potere di indirizzo politico attualmente detenuto dalla figura del garante.
Tra le file della destra ha suscitato scalpore la proposta, lanciata congiuntamente da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, di costituire una federazione di centrodestra estesa per il momento ai soli partiti che sostengono il Governo Draghi. Vi sono interpretazioni diverse di quello che sarà il futuro del centrodestra: Berlusconi ha infatti lanciato l’idea di un partito unico, anche nell’ottica di sostenere un’eventuale corsa per il Quirinale, mentre Salvini pensa a un Gruppo che riunisca e coordini tutte le destre nazionali ed europee, senza però raggiungere una totale convergenza dei singoli partiti. Rimane fuori da questo progetto, per il momento, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, la cui permanenza all’opposizione ha sostenuto ulteriormente la recente crescita di consenso, di cui rimane però centrale il ruolo come probabile prossimo primo partito del centrodestra: una volta raggiunto tale risultato, la compagine meloniana potrà in tutto e per tutto candidarsi alla leadership della coalizione, sparigliando gli attuali equilibri che vedono il Carroccio come forza trainante.
Il quadro delineato dall’attuale situazione politica è quello di un bipolarismo dai contorni più netti, con un’asse PD-M5s in fase di consolidamento e una riorganizzazione della già esistente coalizione FI-Lega-FdI.
Per quanto concerne il Governo, il buon andamento della campagna vaccinale e il generalizzato calo dei contagi hanno aperto la strada a una dialettica interna in merito alla proroga dello stato di emergenza, in scadenza il 31 luglio: da una parte, l’incidenza delle varianti è citata a sostegno della linea di chi sostiene una proroga – un atteggiamento cui, con prudenza, si è allineato anche il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini (Forza Italia), oltre a PD e M5s – mentre altre forze politiche storicamente “aperturiste” – segnatamente Fratelli d’Italia e, all’interno dell’Esecutivo, la Lega – considerano la proroga ingiustificata e dannosa per l’economia. Una situazione in cui il premier Draghi dovrà destreggiarsi tra le diverse sensibilità interne alla maggioranza, mantenendo però, come fatto finora, la propria piena autonomia nel determinare la linea definitiva.