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Le opportunità dell’idrogeno “blu” per la transizione energetica
di Redazione
Tra i protagonisti dell’attuale dibattito sul PNRR – e, più in generale, sulla transizione energetica – è sicuramente l’idrogeno. Le opportunità legate alla diffusione dell’idrogeno giustificano pienamente l’attenzione attenzione riservatagli: come evidenziato da una recente monografia di RSE, intitolata Idrogeno, un vettore energetico per la decarbonizzazione, l’utilizzo di idrogeno può infatti abbattere le emissioni di numerosi processi industriali energivori (segnatamente nelle filiere petrolchimica e siderurgica) e del settore della mobilità, nonché consentire lo stoccaggio efficiente e “pulito” di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili non programmabili (eolico, fotovoltaico, ecc.), avvantaggiandosi anche della rete di distribuzione del gas per il trasporto sia in miscela con il metano sia in purezza, così da facilitare la gestione della rete elettrica.
La principale barriera per lo sviluppo di una filiera dell’idrogeno è, attualmente, l’elevato costo di produzione: in particolare, l’idrogeno “verde”, ovvero quello prodotto da elettrolizzatori alimentati da fonti rinnovabili, presenta costi sostanzialmente più elevati rispetto all’idrogeno “blu”, ovvero quello derivante da processi che coinvolgono combustibili fossili (principalmente gas naturale) abbinati a tecnologie di cattura della CO2 prodotta. La soluzione “blu”, dal canto suo, risente, a livello di opinione pubblica, del diffuso scetticismo nei confronti di tutto ciò che comporta l’utilizzo del fossile: un ostacolo non da poco, considerato quanto questo tipo di pressioni sia riuscito in passato, e riesca ancora oggi, a influenzare la politica industriale dei partiti.
Adottando un approccio più “laico”, se la diffusione delle fonti rinnovabili renderà nel tempo competitivo l’idrogeno a emissioni zero (su quanto tempo sia necessario si potrebbe ragionare a lungo, date le difficoltà del nostro Paese nello sviluppare nuova capacità), occorre segnalare che verosimilmente la filiera italiana dell’idrogeno non nascerà già green, ma svolgerà almeno in un primo momento l’importante ruolo di fare da ponte tra il mondo del fossile – dove, di fatto, ci troviamo ancora – e quello dell’energia pulita.
Da questo punto di vista è pertanto particolarmente condivisibile l’intenzione della Commissione Europea (resa nota dalla testata specializzata Staffetta nei giorni scorsi) di includere alcuni progetti di infrastrutture di distribuzione del gas nel quinto elenco di Progetti di Interesse Comune (PCI) ai sensi dell’attuale regolamento Ten-E: si tratta, in particolare, di progetti di conversione della rete esistente per migliorarne la capacità di trasportare “gas puliti”, che costituiranno la maggior parte degli interventi per la realizzazione di una rete di distribuzione dell’idrogeno. Anche a livello nazionale si registra un primo cambio di prospettiva nei confronti dell’idrogeno “blu”: se l’ultima proposta di PNRR, attualmente in discussione da parte del Parlamento, prevede lo stanziamento di 2 miliardi di euro per lo sviluppo di progetti di produzione di idrogeno “verde”, recentemente il Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha annunciato che il nuovo Piano su cui sta lavorando il Governo includerà anche la filiera dell’idrogeno “blu”. In attesa di leggere il testo definitivo del Piano, la situazione sembra assumere risvolti incoraggianti.