Dai territori, Energia Elettrica, Governo, In Primo Piano, Produzione di Energia, Rinnovabili
Solare termodinamico, un’opportunità a rischio?
L’energia solare termodinamica (Concentrated Solar Power, CSP) rappresenta una tecnologia con importanti prospettive di sviluppo nel Sud Italia e nei Paesi con una forte insolazione, perché può consentire, tra l’altro, lo storage termico e quindi produrre energia elettrica anche in assenza del sole, superando l’intermittenza caratteristica di alcune fonti rinnovabili. Inoltre, tra le diverse tecnologie di CSP, vale la pena ricordare che in Italia è nata, con l’ENEA (Agenzia Nazionale per le Nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico e sostenibile), sulla spinta del Prof. Carlo Rubbia, quella denominata a Sali Fusi.
In questi anni, grazie al forte impulso dato proprio da ENEA e da altri Centri e Istituti di Ricerca nazionali, è stato possibile produrre una serie di importanti innovazioni che hanno consentito al Sistema Italia di acquisire una posizione di leadership su diversi aree tecnologiche nell’ambito del CSP e di creare una vera e propria filiera nazionale.
Come previsto dal Decreto Ministeriale 23 giugno 2016 sull’incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili non fotovoltaiche, a fine ottobre sono state depositate presso il GSE le domande per l’accesso ai registri (per impianti di piccole dimensioni < 5MW) per un totale di 33 MW, con un’eccedenza di 13 MW rispetto a quanto previsto dal citato Decreto per gli impianti CSP, e il 27 novembre scorso si sono chiusi i termini per l’accesso alle aste per gli impianti più grandi. Le aste hanno visto la partecipazione di un solo progetto CSP da 41 MW in Sicilia, che ha lasciato scoperti quasi 60 MW incentivabili come previsto dal Decreto.
Il risultato è stato quindi molto soddisfacente per gli impianti di piccole dimensioni, mentre si è dimostrato sotto le previsioni per quelli più grandi. La causa del mancato raggiungimento del tetto incentivabile alle aste è da ricercare soprattutto nella difficoltà data dal poco tempo a disposizione per gli investitori per fare delle due diligence adeguate su impianti dotati di una tecnologia nuova e senza uno storico nel nostro Paese. Non dimentichiamo infatti che il Decreto Ministeriale è stato emanato a fine giugno del 2016, con solamente 5 mesi per chiudere i progetti: un tempo troppo breve a disposizione delle banche per valutarli in maniera adeguata e predisporre le fidejussioni richieste dal Decreto.
Sarà importante adesso capire l’orientamento dell’Europa e del Governo per il prossimo triennio, in quanto, oltre al vantaggio di avere degli impianti solari programmabili nel nostro Paese, diventa indispensabile per la nostra filiera poter avere alcuni impianti di medie dimensioni (fino 50 MW) da poter mostrare agli investitori che seguono i progetti negli altri Paesi. In Medio Oriente, nella Penisola Arabica, in gran parte del continente africano e in Cina nei prossimi dieci anni sono infatti già programmati progetti di sviluppo di grandi e piccoli impianti solari termodinamici, con investimenti previsti dell’ordine di diversi miliardi di dollari.
Rischiare in questo ambito di essere esclusi dalle gare internazionali semplicemente perché non abbiamo alcuni impianti da mostrare, quando la tecnologia più innovativa e con minori impatti ambientali è italiana, sarebbe un vero peccato e ci sembra che il sistema industriale italiano non possa perdere questo ennesimo treno nel settore delle rinnovabili.